Il collezionista di carte (the cart Counter)

Il collezionista di carte (The Card Counter)

noir

Paul Schrader

USA 2021

Per il sottoscritto il cinema si divide in due categorie totalmente indipendenti da qualsivoglia genere di riferimento: c’è il cinema che mi piace e quello che non mi piace.

Il Collezionista di Carte, ultimo lavoro di Paul Schraderappartiene alla prima categoria, e quindi è una gran bella pellicola.

Schrader ha dalla sua una lunga filmografia come regista (da citare almeno il best-seller American Gigolò del 1980) e una ancora più vasta carriera come sceneggiatore (Yakuza di Pollack, Toro Scatenato e Taxy Driver di Scorsese e tanti altri) e quindi non è uno sprovveduto della settima arte.

Questa volta il regista e sceneggiatore americano sceglie di cimentarsi con una storia ambientata sui tavoli verdi delle sale da poker dei casinò americani, non per esaltare la vita raminga dei giocatori di carte professionisti ma per raccontare la vicenda umana del protagonista, un ex galeotto che si fa chiamare William Tell (notare l’ironia) interpretato da un Oscar Isaac totalmente a suo agio nella parte.

Tell non è un delinquente qualunque uscito di prigione, ma si è fatto otto anni di carcere militare per essere stato uno dei torturatori di Abu Ghraib, il famigerato carcere lager iracheno dove i soldati americani sottoponevano i prigionieri sospettati o colpevoli di essere terroristi a brutali e umilianti sevizie che spesso terminavano con la morte del malcapitato.

Il protagonista non cela le proprie responsabilità dietro scuse o artifici retorici, riconosce il peso delle proprie azioni e trascina la sua colpa da un casinò all’altro degli Stati Uniti mettendo a frutto l’unica abilità che ha imparato durante gli anni del carcere, ovvero quella di contare le carte e quindi essere quasi imbattibile a poker.

La sua modesta e quasi monastica routine fatta di partite al tavolo verde, piccole vincite per non insospettire i gestori dei casinò e notti passate in motel a buon mercato di cui avvolge ogni arredo con candide lenzuola bianche in modo da ricreare un ambiente totalmente asettico, viene interrotta dall’incontro fortuito con Cirk, un ragazzo figlio di un suo ex commiltone condannato per gli stessi suoi crimini e morto suicida.

Il ragazzo ha il chiodo fisso di eliminare il maggiore in congedo John Gordo (un luciferino Willem Defoe, sempre a suo agio nelle parti di cattivo) che ritiene colpevole delle disavventure della sua famiglia per aver insegnato al padre e allo stesso Tell quelle tecniche di interrogatorio e di tortura dei prigionieri che li hanno fatti finire in galera. Tell cercherà in tutti i modi di distogliere il ragazzo da questo suo folle progetto, arrivando persino a portarselo dietro e a partecipare ad un importante torneo di poker per racimolare i soldi necessari per aiutarlo a rifarsi una vita.

Ma i suoi propositi di espiazione e redenzione saranno destinati a naufragare portandolo a confrontarsi nuovamente con la propria nemesi, incarnata dal suo ex mentore, in uno scontro finale fuori dalla portata dell’occhio della telecamera ma non dei padiglioni auricolari dello spettatore.

Inutile mentire, Il Collezionista di Carte è un film duro, a suo modo anche violento e soprattutto è un film fortemente politico, che scava nella coscienza americana deturpata da quell’ossimoro lungo venti anni chiamato guerra per la pace.

Le vicende del protagonista sono solo il riflesso di quelle di una società che lascia affogare i pesci piccoli sotto il peso delle proprie responsabilità mentre i grandi burattinai che tirano le fila “are free to drink martinis and watch the sun rise” (frase tratta dalla canzone Hurricane di Bob Dylan, citazione che ci sta sempre); un paese la cui immatura grossolanità è ben rappresentata dall’avversario di Tell sul tavolo verde, un giocatore totalmente vestito a stelle e strisce che ogni volta che vince una mano grida “USA, USA, USA” supportato da un caciarone e tamarrissimo seguito di fans.

Un film molto bello quindi, anche se ci sono due cose che stonano e che non mi hanno permesso di apprezzarlo totalmente.

La prima è la scena finale, che poteva essere tranquillamente evitata (ma gli americani adorano lasciare sempre un barlume di speranza e quella bislacca idea della forza salvifica dell’amore) e soprattutto (ma qua la colpa non è del regista/ sceneggiatore) il titolo italiano.

Chi si occupa della trasposizione dei titoli dei film stranieri in improbabili traduzione maccheroniche negli anni ha già preso cantonate gigantesche, ma vorrei davvero sapere a chi è venuta l’idea di trasformare un meccanico e matematico Conta Carte (o Contatore di carte) in un feticistico e voyueristico Collezionista di Carte, che non rende assolutamente giustizia né al protagonista né al significato della pellicola.

Misteri dell’industria della distribuzione cinematografica italiana.

Voto: 8

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