L’impegno politico dei cattolici oggi: una riflessione

Il dibattito sull’impegno politico dei cattolici negli ultimi tempi ha ripreso un insolito vigore, sfociando per altro in una serie di riflessioni non sempre tra loro compatibili e componibili. Salvo a pochi, è ormai del tutto chiaro che l’idea di convogliare i cattolici, o buona parte di essi, in un partito ancorché aconfessionale, non è più proponibile in un contesto sociale, ecclesiale e politico completamente mutato nel giro di alcuni decenni.

Oggi i cattolici militano nei vari schieramenti e ciascuno pensa di avere buone ragioni a difesa della propria militanza: la fede è prevalentemente legata ai temi dell’onestà o di un generico agire per il bene comune e questo pare sufficiente per la propria individuale coscienza.

Siamo però in Italia e la storia ci consegna una presenza politica di una parte cospicua dei cattolici che è stata rilevante e significativa, criticabile talvolta, ma sostanzialmente marcata e positiva per le vicende del Paese: forse è per tale motivo che ci ostiniamo a discutere, senza considerare che neppure l’entroterra ecclesiale è rimasto il medesimo di un tempo.

I cenacoli di pensiero, ammesso che ancora esistano, portano stigmi diversi rispetto a quanto un tempo era contrassegnato come cattolico democratico o cattolico liberale o cattolico sociale… Tutto sommato i cenacoli di un tempo, nelle loro differenze e sfumature, potevano contare su un idem sentire e consentire nella realtà ecclesiale, che poi in qualche misura si sarebbe tramutato in un consentire politico, in un progetto in grado di attirare consenso e di costruire il potere necessario per la sua attuazione.

Oggi il cattolico medio vive, rispetto alla dimensione politica, le stesse difficoltà di qualsiasi altro cittadino, gli mancano punti di riferimento e una riflessione comune a partire dalla quale fare valutazioni e scelte nell’agone della vita pubblica. Prendiamo alcuni facili esempi: possiamo dire forse che esiste un diffuso consenso nel mondo cattolico rispetto alle coraggiose prese di posizione in politica estera di un quotidiano come Avvenire? O c’è forse un diffuso consenso sulla questione dei migranti, della loro accoglienza ed integrazione?

Quanti sarebbero d’accordo almeno sullo ius culturae? Siamo ancora convinti che il percorso della giustizia penale debba condurre alla rieducazione e alla reintegrazione nella società di chi ha sbagliato o piuttosto conveniamo che la punizione debba essere durissima ed esemplare e che il carcere debba tramutarsi in una vendetta sociale?

Che il sistema fiscale debba essere progressivo: chi più ha più deve sostenere le politiche di interesse sociale, chi meno ha deve contribuire per il poco che ha, oppure pensiamo che chi ha è opportuno si compri le prestazioni sociali e sanitarie migliori senza curarsi degli altri? Vogliamo parlare della democrazia, delle istituzioni pubbliche, del Parlamento, dell’Europa: quanto ancora ci crediamo, a prescindere da chi se ne occupa?

Sono solo alcuni esempi, che tuttavia sono indicativi del fatto che non esiste un mondo cattolico compatto; sarebbe sufficiente provare a ripartire da qui e poi cercare nell’azione politica di creare un consenso su tali temi, fare proposte concrete e scegliere a chi dare il voto in base alle riflessioni che ne trarremo.

A proposito, resta aperta una domanda: troveremo ancora qualche cattolico disposto a scommettere sulla politica, a credere alla sua importanza e al suo valore per il bene dell’umanità? Cosa si può fare nelle parrocchie, perché ancora non pochi fedeli, mostrano scarsa attenzione e danno poco valore alla politica ? Forse si potrebbe fare qualcosa di più per sensibilizzare questa “forma di carità”.

Luigi Bottazzi

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