L’omelia di Camisasca per l’inizio dell’anno pastorale

Cammino sinodale vuol dire suscitare nelle persone la sete di Dio

Cari fratelli e sorelle,
con la festa di oggi inizia il decimo anno che posso vivere con voi. Se ripercorriamo assieme questo tempo, anche attraverso le parole che vi ho rivolto proprio in questa occasione, vediamo delinearsi una visione e una esperienza pastorale particolare, su cui desidero soffermarmi.
Mentre in generale la pastorale è stata concepita privilegiando il suo aspetto organizzativo (gli uffici, gli impiegati, i piani pastorali,…), assieme a voi durante questi anni ho voluto guardare ad essa nell’ottica delle persone, della comunione, del popolo di Dio, del Corpo di Cristo. Sono stati per me interessanti soprattutto le relazioni tra battezzati, in cui ciascuno è al servizio della vocazione dell’altro. Nel rispetto delle differenze, dei doni di ciascuno, dei diversi compiti nella Chiesa. Senza nessuna paura di guardare all’esperienza della autorità e dell’obbedienza, non riducendole ad esperienze negative, di supremazia o di autocrazia.

Questa è l’ottica con cui abbiamo guardato assieme al nascere e crescere delle unità pastorali, con cui abbiamo sperimentato il rapporto tra sacerdoti, diaconi e laici, con cui abbiamo aiutato il crescere della responsabilità missionaria nella nostra Chiesa.

Sta davanti a noi un cammino sinodale. A questo tema dedicherò l’omelia di oggi. Perché questo cammino sinodale? Perché ora? Chi lo ha voluto? Che cosa ci chiede e quali sono i primi passi che dobbiamo compiere?

“Sinodalità” per la Chiesa è un termine assieme antico e recente. Antico, perché connesso alla storia dei sinodi diocesani e regionali che hanno segnato tutta quanta la vicenda della Chiesa latina. Un significato differente invece tale parola ha nella Chiesa orientale: la sua vita non prevede la figura di Pietro, si regge su una struttura sinodale che raccorda i vescovi tra loro aiutandoli a un cammino comune.

Recentemente Papa Francesco, a partire dall’Evangelii Gaudium e in alcuni interventi rivolti sia alla Chiesa italiana che alla Chiesa universale, ha ridato a questo tema una rinnovata grande importanza. Che cosa ci ha voluto dire? Il termine “sinodo” sta in un rapporto stretto e significativo con tutta la vita della Chiesa. La parola italiana ricalca letteralmente una espressione greca composta di due termini: SYN che vuol dire assieme e ODÓS che vuol dire strada. Sinodo significa dunque camminare assieme.

“Chiesa e Sinodo sono sinonimi”, ha scritto san Giovanni Crisostomo (G. Crisostomo, Commento ai Salmi, 149). Comprendiamo bene questa sua espressione così forte se riandiamo a tutto ciò che in questi anni abbiamo imparato a riguardo del tema della comunione. Essere comunione vuol dire camminare assieme, perché siamo stati rigenerati da un unico Spirito, inseriti in un unico Corpo, diretti verso un’unica meta, animati da un’unica fede e abitati da un’unica carità, spinti da un’unica speranza. Abbiamo tutti la stessa missione la quale rivela la nostra comune dignità di figlio di Dio e la nostra comune vocazione.
Camminare assieme, con chi e verso dove? Il primo significato, quello più profondo, della parola Sinodo, significa camminare assieme a Dio. In questo senso l’espressione Sinodo è letteralmente identica all’espressione comunione: camminare assieme a Dio e camminare insieme verso Dio. Questo è il significato fondamentale della parola Sinodo che vorrei tutti meditassimo.

Da parte nostra camminare assieme a Dio implica innanzitutto la nostra conoscenza di Lui e della sua opera, entrare in rapporto con Lui e con la sua storia di Alleanza, con l’antico e il nuovo Patto, con la vita di Gesù, con la storia della Chiesa. Camminare assieme a Dio vuol dire conoscerlo, amarlo, chiamare tutti a questa Alleanza.

Dio è il grande sconosciuto del nostro tempo. Percorrere un cammino sinodale significa conoscere Dio attraverso la preghiera, i sacramenti, la meditazione della sua Parola, di quella dei Padri della Chiesa e dei padri spirituali. Conoscere Dio attraverso i fratelli: non dobbiamo mai dimenticare che la Chiesa è la Trinità nel tempo. Il Concilio Vaticano II (Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen Gentium, 12) ha sottolineato l’importanza del sensus fidei fidelium: il popolo di Dio, nel suo insieme, guidato dagli apostoli, non può errare nel credere.
In ogni epoca la Chiesa è chiamata ad approfondire la propria tradizione affinché tutto il popolo santo di Dio cresca nella comprensione e nell’esperienza della vita cristiana (Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Dei Verbum, 8).

Tutte le volte che papa Francesco ha parlato di questo, ha messo in guardia da una identificazione fra la Chiesa e i dinamismi della democrazia imperniati sul principio della maggioranza. Il sensus fidelium non coincide necessariamente con ciò pensa la maggioranza dei fedeli. Esso nasce dalla adesione convinta e rinnovata a ciò che la Tradizione degli apostoli, ricevendolo da Cristo, ha affidato a tutto il popolo di Dio come beni da accogliere e rinnovare. L’ascolto non è dunque finalizzato alla conoscenza di cose nuove, ma di una nuova intelligenza della verità perenne.

Il secondo significato della parola Sinodo è camminare con Cristo. È lui che ci invita a seguirlo. È lui che nel vangelo ha detto tante volte: “venite con me”, “venite dietro a me”, “seguitemi”. “State con me”. Io sono con voi fino alla fine dei tempi (cfr. Mt 28,20). Cristo si è definito la via: è lui dunque la strada che ci fa uscire dal male, dalla menzogna, dalla solitudine. È la strada permanente di relazioni buone e vere.

In terzo luogo, Sinodo vuol dire camminare tra noi fratelli. Qui forse si misura l’aspetto più delicato del cammino sinodale. Camminare con Dio può sembrarci facile, camminare con Cristo può sembrarci possibile, ma camminare assieme tra noi sembra il più delle volte un’impresa veramente ardua. Se ci guardiamo gli uni gli altri, vediamo non soltanto le nostre benefiche differenze, ma anche le nostre chiusure, le nostre rivalità, tensioni, campanilismi, paure.

Camminare assieme implica una vera e propria conversione. Eppure essa è necessaria: non c’è gioia senza conversione. Attraverso il cambiamento di mentalità scopriamo che Dio nel suo progetto originario ha voluto creare un popolo, ha sempre perdonato chi si è allontanato, ha radunato chi si è disperso, ha rianimato chi ha peccato.
Oltre al cammino tra voi fratelli, il Sinodo è un cammino verso i fratelli, verso quelli che non conoscono Cristo. La vita di Dio è così radicata nelle profondità dell’uomo, la sua attesa è così intima dentro ciascuno di noi che non possiamo mai perderla definitivamente.

Cammino sinodale vuol dire suscitare nelle persone la sete di Dio, affinché la riconoscano dentro di loro, svelare che Dio si è fatto uomo, chiamare ogni uomo a partecipare alla vita delle nostre comunità. Ma vuol dire anche ascoltare le attese e le domande degli uomini, le loro critiche, le loro delusioni, i loro scandali.

Quali sono i passi immediati che ci aspettano? Il Santo Padre Francesco ha chiesto a tutte le Chiese del mondo di compiere un cammino sinodale in preparazione al Sinodo dei vescovi che avrà come tema proprio Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione.

Il 17 ottobre prossimo, assieme a tutte le Chiese del mondo, inaugurerò anche per la nostra Diocesi il primo anno di cammino, nominerò una persona responsabile e animatrice, assieme a un gruppo di presbiteri e laici. Per non disperderci in mille strade decideremo alcuni luoghi privilegiati in cui ascoltare le attese che credenti e non credenti hanno nei confronti della Chiesa. Faccio alcuni esempi: i giovani, gli studenti universitari, i carcerati, le giovani famiglie, gli immigrati, il mondo della salute…

Più avanti illustrerò a tutte le parrocchie questo itinerario che già fin da ora affido alla Madre di Dio e alla preghiera di tutti voi, affinché questo cammino sinodale sia una strada di rinnovamento della nostra Chiesa secondo il cuore di Dio e le necessità missionarie di questo tempo.

+ Massimo Camisasca

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Una risposta su “L’omelia di Camisasca per l’inizio dell’anno pastorale”

Complimenti come sempre al Vescovo Camisasca, per la sua lungimiranza nel guidare il popolo che gli è stato affidato. Auspichiamo che molti altri Vescovi coinvolgano noi Donne nei loro percorsi …….

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