2 giugno, 75 anni dal diritto di voto per le donne: una strada da ultimare

Il fenomeno della discriminazione della donna è molto negativo e colpisce in misura diversa tutto il mondo. In queste ore nel reggiano ne abbiamo una tristissima riprova. Inaccettabile il fatto che si possa ancora parlare di matrimoni obbligati, figuriamoci se alle porte di casa nostra.

Mentre scriviamo queste parole il nostro pensiero va alla giovane Saman, per la quale vorremo un lieto fine che pare difficile scorgere. Forse Saman sapeva che, in Italia, ci fu un momento di svolta nella condizione femminile. Questo, esattamente, accadde, al termine della seconda guerra mondiale, con leggi che hanno cambiarono la vita delle donne italiane.

La prima fu per il diritto di voto. Antecedentemente al 1945, alle donne non era consentito votare. Dal 1912 il suffragio universale maschile consentiva a tutti gli uomini maggiorenni di votare, mentre gli uomini analfabeti potevano votare a partire dai 30 anni. Il Comitato nazionale pro-suffragio femminile presentò diverse petizioni per concedere alle donne il diritto di voto attivo e passivo.

Un decreto del 1946 concesse alle donne maggiorenni di 25 anni diritto di voto passivo; cioè di presentarsi alle elezioni ed essere votate. Il 2 giugno del 1946 le donne partecipano al voto per la prima volta e per il referendum istituzionale. Le donne elette all’Assemblea Costituente risulteranno ventuno 21, (tra queste la reggiana Nilde Iotti) di cui cinque faranno parte della Commissione per la Costituzione incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione repubblicana.

La seconda legge previse il divieto di licenziamento per matrimonio e maternità, quindi una successiva per l’accesso alle professioni dei pubblici. Arriviamo al 1958 viene quando venne approvata la Legge Merlin, che abolì lo sfruttamento statale della prostituzione e la minorazione dei diritti delle prostitute.

Il dibattito sulla condizione femminile subì una ulteriore accelerazione nel 1970 con l’approvazione della Legge sul divorzio. Nel 1975 Riforma del diritto di famiglia che per la prima volta garantisce parità legale tra i coniugi e la possibilità della comunione dei beni. Quindi la legge sull’aborto. Incredibilmente solo il 5 settembre 1981, quarant’anni fa, venne abolito il delitto d’onore e matrimonio riparatore. Nel 2006 con DLgs 198/2006 viene recepito il codice sulle pari opportunità.

Il percorso legislativo, successivamente, si affinò con la legge sulle quote rosa nelle aziende (legge Golfo Mosca). Ma le leggi contro la violenza sulle donne sono recenti: dal 1996, anno di istituzione del reato di violenza sessuale, fino all’approvazione del codice rosso.
Eppure.

Eppure a 75 anni da quel giorno importante e dopo l’accelerazione legislativa degli anni Settanta e Ottanta permangono ancora diseguaglianze tra uomo e donne nella società e nel mondo del lavoro e questo anno e mezzo di pandemia ha esasperato questa situazione. Come Cisl esprimiamo preoccupazione per sblocco licenziamenti che potrebbero impattare soprattutto sulle donne… in quanto i settori ancora in sofferenza sono quelli a prevalenza femminile.

Nel mentre lo smart working ha portato in diversi casi all’isolamento, in altri all’aggravio di violenze domestiche. Ci spiace rilevare come nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) manchi del tutto un pilastro dedicato a donne e giovani, ma esista, a riguardo, solo una condizionalità.

Ad esempio non conosciamo con esattezza la cifra dedicata ai nidi, fattore non trascurabile dato che anche in Emilia Romagna permane un alto tasso di dimissioni delle lavoratrici madri, anche per motivi di costo del servizio. Certo, ora riponiamo fiducia nella nuova misura dell’assegno unico soprattutto per la sua universalità.

L’auspicio della Cisl è quello ridurre la diseguaglianza di genere mettendo questo obiettivo tra i prioritari dell’agenda politica.
Rosamaria Papaleo, segretaria Cisl Emilia Centrale

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