Emanuele Caselli, cittadino di Valestra di Carpineti, sceglie le parole con precisione, con una timida consapevolezza, quasi d’altri tempi e con misurata passione quando parla delle sue api e del suo miele.
Le limitazioni che il virus ha comportato per tutti, indubbiamente per i giovani sono state ulteriormente deprivanti. Hanno infatti minato le certezze che a quell’età permettono di osare, la vicinanza dei coetanei, l’indispensabile bisogno di socialità e di confronto, hanno minato anche le basi della quotidianità, data per scontata, della libertà di potersi muovere e di decidere liberamente del proprio futuro.
Qualcuno soccombe, altri si arrendono, i più sopportano a fatica, altri con disperata rassegnazione, ma poi ci sono giovani che invece non si rassegnano, che trasformano le difficoltà in opportunità per il futuro. Emanuele è uno di questi talenti, resiliente come l’Appennino nel quale è vive.
Cosa ti ha portato ad inventarti una nuova attività?
L’anno scorso, con gli inizi dell’epidemia, ho perso il mio lavoro in ceramica. La cosa mi ha davvero messo in difficoltà, difficoltà aggravata dalla segregazione dovuta alle limitazioni sociali imposte, che io ho vissuto davvero a fatica.
Per fortuna i nostri territori sono quanto di più naturale ci possa essere e mi hanno permesso comunque di uscire all’aperto in totale sicurezza e di dedicarmi alle mie passioni. Le api sono una di queste passioni, che ho provato a coltivare con maggiore cura proprio durante il periodo di chiusura delle attività. L’essere costretto a casa mi ha consentito di documentarmi e studiare questo magnifico mondo.
E il passo successivo quale è stato?
Mi sono deciso e letteralmente lanciato in questa nuova avventura, acquistando in aprile i primi due alveari. Ho affrontato da subito la paura, sia di sbagliare che di questi insetti, che sono sì meravigliosi, ma che occorre trattare con rispetto e che sanno riconoscere la paura di chi opera con loro.
E una volta affrontata la paura, cosa ne è stata della tua passione?
A mano a mano che imparavo dalle api e loro iniziavano a conoscermi, la paura è passata ed ho iniziato a propormi anche per raccogliere gli sciami, tanto che dai due alveari iniziali sono arrivato a fine estate ad averne ben dieci.
Chi ti ha aiutato in questa impresa?
Certamente dai miei genitori ho avuto il primo vero supporto, poi mi sono avvalso anche dei social, con i quali sono riuscito a documentare le varie fasi del mio lavoro e a creare un certo interesse.
Ma tu sei andato oltre la semplice produzione di miele…
Sì, con la cera che le api producono in eccesso sono riuscito a creare delle belle candele, che produco sia nella versione di cera pura che aromatizzate.
Ho inoltre creato una crema mani, dagli ingredienti assolutamente naturali a base di cera, olio d’oliva ed estratti naturali, nelle varianti alla vaniglia e al cocco. L’ultimo nato è il burrocacao. Poi sto lavorando all’estrazione di propoli e polline, ma questo studio richiede ancora un po’ di tempo.
La tua professione è quindi ora definitivamente quella dell’apicoltore?
No, rimango un elettrotecnico, quella dell’apicoltura, per il momento, deve rimanere una passione, ma in futuro… chissà…
Rita Bacchi Pessina