Ramadan, gli auguri della Cei

MONS. AMBROGIO SPREAFICO ph: Romano Siciliani

L’augurio di vivere “come fratelli”, “in pace” e di “remare insieme nella tempesta di questo tempo”. È quanto monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, esprime quest’anno ai musulmani presenti nel nostro Paese che dal 13 aprile, sono entrati nel mese benedetto del Ramadan.

Periodo dedicato al digiuno e alla preghiera, anche quest’anno il Ramadan risente delle misure anti-Covid e se l’anno scorso erano stati chiusi tutti i luoghi di culto e i sermoni sono andati via streaming, quest’anno le moschee (come pure le chiese) sono aperte e pertanto le comunità islamiche – spiega Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii – non dovranno rinunciare alle cinque preghiere giornaliere. L’unico problema è legato al coprifuoco e così le comunità islamiche hanno deciso di anticipare alle 21.30 (anziché alle 22.30/23) l’ultima preghiera serale. Ai musulmani italiani sono arrivati gli auguri anche della Cei.

Monsignor Spreafico, quale augurio rivolge quest’anno ai musulmani che si apprestano a vivere un mese di preghiera e digiuno?

Vorrei partire dalla “Fratelli tutti”, quando Papa Francesco dice di “essere stato stimolato” nella stesura dell’enciclica in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb con il quale si è incontrato ad Abu-Dhabi per ricordare che Dio “ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra loro” (n. 5). Auguro ai fratelli e alle sorelle musulmani di poter di essere portatori di questo spirito e di questa possibilità di vivere insieme in pace. La preghiera e il digiuno, che caratterizzano questo tempo, uniscono all’Onnipotente, ma insieme aiutano a prendere le distanze da quell’egolatria che spesso divide e crea inimicizie.

Per il secondo anno consecutivo il Ramadan, come anche la Pasqua cristiana, si sono vissuti in piena pandemia. Il mondo è ancora in crisi. Non c’è famiglia che non abbia vissuto la malattia o il lutto. Cosa possono dire le religioni per la pace interiore dei cuori?

Sono convinto che le religioni hanno aiutato a non cedere alla rabbia, al pessimismo, all’inerzia e alla recriminazione. Ci hanno mantenuti uniti a Dio e hanno posto nel cuore dei credenti quella forza spirituale che sostiene nel dolore, nella fatica della vita e anche davanti alla morte, che ha colpito molti. In modo quasi paradossale, la distanza a cui siamo tenuti, ci ha fatto riscoprire il bisogno della comunità, di essere insieme per rivolgerci all’Onnipotente, ed anche di venire incontro alle numerose richieste di aiuto e sostengo materiale e spirituale. Penso ad esempio agli anziani soli o in Istituto o a chi ha perso il lavoro, a chi semplicemente ha chiesto una mano per tirare avanti.

La fede ci ha dato speranza e ci ha insegnato la misericordia. Una Sura del Corano dice: “Il timore di Dio deve essere sempre unito alla speranza nella Sua infinita misericordia” (Sura di Yusuf XII, v. 87). E papa Francesco nella domenica della Misericordia ha detto che i discepoli di Gesù “misericordiati diventano misericordiosi”. Come l’Onnipotente è per eccellenza il Misericordioso, vi auguro di essere portatori della misericordia che si fa solidarietà e vicinanza nel bisogno, come avete mostrato in questo tempo. Penso al valore dell’elemosina e dell’accoglienza per la fede islamica.

Non cessano in Italia e in Europa forme di odio e violenza contro ebrei, musulmani e in genere contro chi è diverso. Che dire?

È impressionante come in un tempo così drammatico ci siano ancora persone che non riescono a credere che l’unica possibilità che abbiamo di salvarci è quella di unirci in un impegno e uno sforzo comune. “Siamo nella stessa barca” e dobbiamo remare insieme nella tempesta di questo tempo. Eppure, gesti e parole che esprimono antisemitismo, razzismo, anti-islamismo, si sono moltiplicati. Nella paura e nella difficoltà a uscire da questa pandemia si riaffacciano antichi fantasmi, in cui “l’altro”, qualsiasi altro, a volte persino il vicino, può diventare un nemico con cui arrabbiarsi e persino da eliminare.

Mi auguro che noi, donne e uomini di fede, possiamo aiutarci a una maggiore conoscenza reciproca perché attraverso di essa potremo combattere questi fenomeni che purtroppo non aiutano a vivere insieme in pace. Mi auguro che l’incontro e la mutua conoscenza siano un impegno che noi come cattolici ci prendiamo nei confronti delle comunità musulmane del nostro paese, come già molti stanno facendo.

Maria Chiara Biagioni

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