I nostri santi: san Zenone

Con la rubrica “I nostri santi, le nostre chiese”, a cura di Lorenzo Ponti, conosciamo meglio la storia e il territorio della Chiesa reggiana. 

Zeno, o Zenone (Mauretania, 300 circa – Verona, 12 aprile 371), è stato l’ottavo vescovo di Verona ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. La maggior parte della sua vita è avvolta nella leggenda, ma pare fosse originario della Mauritania, e per questo vi si fa spesso ancora riferimento come al “Vescovo Moro”.

Fu vescovo di Verona dal 362 al 371 o 372 o 380, anno della sua morte. Secondo le fonti agiografiche visse in austerità e semplicità, tanto che pescava egli stesso nell’Adige il pesce per il proprio pasto. Per questo è considerato protettore dei pescatori d’acqua dolce. Era comunque persona colta ed erudita, formatosi alla scuola di retorica africana, i cui maggiori esponenti furono Apuleio di Madaura, Tertulliano, Cipriano e Lattanzio. Sono giunti fino a noi numerosi suoi sermoni, di cui 16 lunghi e 77 brevi, che testimoniano come egli, nella sua opera di evangelizzazione, si confrontò con il paganesimo ancora diffuso e si applicò per confutare l’arianesimo. Il sermone quindicesimo, per esempio, traccia un parallelo tra la figura di Giobbe e quella di Cristo.

I miracoli che le leggende devozionali raccontano sono parecchi. Uno riguarda una scommessa che san Zeno avrebbe fatto col diavolo: con la vittoria in una partita a palla, giocata con la punta di una montagna, avrebbe ottenuto, come da scommessa, un battesimale in porfido (visibile all’entrata della chiesa) che il terribile rivale sarebbe stato costretto a portare sulle spalle fin da Roma. Un altro narra di come san Zeno avrebbe guarito la figlia indemoniata del magistrato Gallieno di Rezia (da non confondere con l’imperatore omonimo), ricevendo in dono una preziosa corona.

La leggenda più straordinaria è riferita da papa Gregorio I (“Gregorio Magno”) e narra di un improvviso straripamento delle acque dell’Adige che sommerse tutta la città fino ai tetti delle chiese, al tempo del re longobardo Autari. Le acque arrivarono alla cattedrale dove il re aveva appena sposato la bella principessa Teodolinda, precisa il monaco Coronato, ma si sarebbero arrestate improvvisamente, in sospensione, sulla porta, tanto da potersi bere ma senza poter invadere l’interno. Ciò avrebbe determinato la salvezza dei veronesi, che, pur non potendo uscire, poterono resistere finché la piena non calò. La fama di questo miracolo si diffuse.

I pistoiesi, invasi ogni anno dalle acque del fiume Ombrone, quando le acque che dilagavano nella piana si aprirono un varco riversandosi nell’Arno, attribuirono il miracolo a san Zeno elevandolo a patrono della loro cattedrale.
La sua festa è fissata nel martirologio al 12 aprile, ma la diocesi di Verona lo celebra il 21 maggio, giorno della traslazione del corpo fatta dai santi Benigno e Caro dalla temporanea sepoltura nella Cattedrale alla zona dell’attuale Basilica, avvenuta il 21 maggio 807.

A Reggio si trova una parrocchia dedicata al santo nella piazza omonima. Antica parrocchia di Reggio già nominata nel 1280, dipese a lungo dagli arcipreti di Lèzzolo (Paullo), che la usavano come loro abitazione in città; la chiesa è sempre stata piccola e povera. Ne fu parroco monsignor Antonio Maria Ridolfi, che fu Vicario generale. Più recente è il parrocato di don Prospero Maiocchi, che restaurò e abbellì la chiesa e ricevette in dono da don Bosco la statua di Maria Ausiliatrice. Don Dante Caliceti la officiò con zelo per oltre 50 anni. Elevata a priorato nel 1935, è stata accorpata a Sant’Agostino quest’anno con decreto del vescovo Camisasca, dentro l’unità pastorale “Santi Crisanto e Daria”.

Lorenzo Ponti

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