La storia del piccolo Leo

Quella del piccolo Leo è una storia che deve essere raccontata, perché tramette tutti i valori dello sport di base e delle società che, con dedizione e passione, lo portano avanti; in questo caso, la società calcistica locale associata al Centro Sportivo Italiano, Reggio United.

Leo è un bambino di soli nove anni, con un disturbo oppositivo provocatorio e di deficit dell’attenzione. Giocare in un gruppo, per lui, è sempre stato un enorme problema e, allo stesso tempo, uno dei suoi più grandi desideri.
La sua sensibilità e intelligenza si scontrano inevitabilmente con le limitazioni che il suo disturbo provoca, specie in un contesto di comunità com’è il gioco di squadra. Tant’è che la prima società a cui Leo è stato iscritto, rendendosi conto di non avere gli strumenti per gestire la situazione, ha chiesto alla famiglia di abbandonare l’idea.

A cambiare le sorti di questa storia è stata in primis l’iniziativa provinciale All Inclusive Sport, che ha affiancato un tutor a Leo, per intraprendere un percorso graduale di inserimento in un contesto di squadra, durato in tutto un anno.
Leo è stato dapprima accompagnato al parco, per iniziare piano piano a giocare a calcio con altri bambini, sempre con un educatore al suo fianco.
La sfida è stata vinta poi grazie alla disponibilità della società Reggio United: ora Leo risulta ufficialmente iscritto, con un tutor in affiancamento all’allenatore della sua squadra.

La Reggio United, dopo aver ‘adottato’ il piccolo Leo, ha spiegato le ragioni di questa scelta ai microfoni di All Inclusive Sport, tramite le parole del presidente Franco Camellini, che ha definito la sua società “anomala”.
“Il calcio è uno sport verticistico – ha detto Camellini –. Noi però diamo attenzione alla crescita del ragazzo, più che alle sue qualità di calciatore. Abbiamo il nostro codice di comportamento e chiediamo a tutti gli atleti serietà e continuità, ma non siamo solo qui per scoprire i talenti tecnici: noi siamo qui per far crescere i giovani attraverso il calcio, guardiamo agli uomini che diventeranno”.

“Nel calcio – ha aggiunto Camellini – c’è tutta la società in cui viviamo, che entra pesantemente in gioco. Ci sono gli avversari e ci sono i compagni di squadra, c’è il confronto in pubblico e c’è il momento privato del gruppo nello spogliatoio. C’è il rispetto per i coetanei, anche dopo un fallo, anche di fronte agli sbagli che ci fanno perdere o ci mettono in difficoltà. E c’è il rispetto per gli adulti, anche quando hanno palesemente torto, anche quando ci fanno arrabbiare. Questo è il calcio. Non è contare i goal e accumulare le coppe”.

Giulia Beneventi

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