Lucerne della collezione Chierici

Ricorreva nel 2019 il bicentenario della nascita dell’illustre archeologo e paletnologo reggiano don Gaetano Chierici (1819 – 1886).

Profondo è il legame della Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi con don Chierici, che ne fu uno dei primi soci effettivi e uno degli otto fondatori della Sottosezione di Reggio nell’Emilia nel maggio 1861; inoltre, su nomina dei colleghi deputati, fu il primo direttore del “patrio museo d’antichità”, istituito dalla Deputazione stessa nel giugno 1862.

In quest’ottica la Deputazione Reggiana ha voluto rimarcare il recupero del suo ruolo di promotrice di ricerche archeologiche e nell’ambito della collaborazione instauratasi con i Musei Civici, che ha autorizzato lo studio e l’uso delle immagini, ha voluto editare nella propria collana “Fonti e Studi” la puntuale ricerca condotta da Carla Corti, ora al Landesamt für Denkmalpflege del Baden-Württemberg, e Simona Capellini del Museo Archeologico dell’Alto Mantovano di Cavriana (MN), dedicata alle lucerne (foto sopra: una lucerna di produzione africana da Agrigento con chrismón, il monogramma del nome di Cristo formato dalle lettere greche X e P, raffigurato nel disco, fine V-inizio VI secolo d.C.; foto sotto: lucerna a disco con al centro due gladiatori affrontati, provocatores, III secolo d.C.) del Museo Chierici.

Si tratta di ben 198 esemplari (di cui solo 10 editi, databili fra il V secolo a.C. e il VII d.C.). La raccolta, che si è formata principalmente attraverso scavi condotti e diretti dallo stesso Chierici a cui si aggiunsero donazioni, riunisce materiali provenienti sia da Reggio Emilia, il nucleo principale della raccolta, che da varie località soprattutto italiane, ma non solo. Nel loro insieme esse costituiscono veramente un “unicum” che la Sezione Reggiana ha inteso valorizzare e divulgare, sottolinea il presidente Giuseppe Adriano Rossi.

Simona Capellini e Carla Corti, entrambe archeologhe con vasta esperienza nello studio della cultura materiale, cui hanno dedicato numerose pubblicazioni tra articoli e monografie, si sono dedicate non solo all’analisi puntuale dei singoli oggetti, ma hanno altresì “scavato” negli archivi, per poterne ricavare ogni possibile informazione su circostanze delle scoperte e provenienze dei manufatti.

Emerge infatti da questo studio – come sottolinea nella sua premessa Roberto Macellari, già conservatore delle collezioni archeologiche dei Musei Civici e socio corrispondente della Deputazione reggiana –, una volta di più e in maniera particolarmente efficace, il quadro delle relazioni intrattenute da Chierici con allievi, amici e collaboratori, non di rado personalità di spicco nella Reggio della seconda metà del XIX secolo, si direbbe la nuova classe dirigente della città nel periodo postunitario, sottolinea.

Un altro importante aspetto della ricerca è ricordato da Alfredo Buonopane, docente di Storia Romana ed Epigrafia presso l’Università degli studi di Verona, nella sua introduzione al volume. Egli qui ci rammenta che “lo studio dell’instrumentum inscriptum, ovvero degli oggetti di uso quotidiano caratterizzati dalla presenza di un’iscrizione”, tra cui numerose delle nostre lucerne, “è fondamentale per la conoscenza della vita economica e sociale del mondo romano e che queste ricerche possono essere affrontate compiutamente solo se di questi documenti esistono rigorose pubblicazioni, che li rendano accessibili alla comunità scientifica”.

Lo studio delle lucerne della raccolta del Museo G. Chierici di Paletnologia, per metterne in evidenza caratteristiche e peculiarità, si è di fatto svolto tra la ricostruzione dei contesti, da una parte, e l’analisi morfologico-funzionale e iconografica dei singoli pezzi, corredata dal relativo catalogo, dall´altra. Esso ha inoltre fornito l’occasione per affrontare, per la prima volta, un’analisi degli aspetti museografici della raccolta di età classica di quello che è stato uno dei più innovativi musei archeologici della seconda metà dell’Ottocento. La raccolta di lucerne conservata all’interno del Museo Gaetano Chierici di Paletnologia riflette l’approccio particolare del fondatore alla costruzione dell’intera collezione, sottolinea Giada Pellegrini, curatrice delle collezioni archeologiche dei Musei Civici.

L’obiettivo dichiarato fu infatti quello di “servire ai nuovi studi, offrendo ampio spazio a oggetti della cultura materiale, nella consapevolezza che ogni cosa dove l’uomo ha lasciato un segno della sua esistenza, è una parola vivente ch’egli manda alla posterità”. Chierici pose, infatti, al centro la collezione reggiana in dialogo con oggetti di altri luoghi, nei corridoi laterali.

L’intenzione era di offrire una visione panoramica, creando un campionario delle culture materiali che si avvicendarono nelle diverse parti d’Italia, nel rispetto di un disegno politico di unificazione nazionale. La composizione stessa della cospicua raccolta, circa 200 le lucerne censite, ben si confà al progetto complessivo, comprendendo esemplari dal territorio reggiano e da altre regioni d’Italia e, occasionalmente, dall’estero, a coinvolgere tutte le sezioni dell’impianto espositivo voluto da Chierici.

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