La Trasfigurazione: dall’India il commento al Vangelo

Secondo il Vangelo di Marco, sei giorni dopo l’annuncio della passione e morte di Gesù e la conseguente crisi di Pietro, Gesù conduce proprio lui, Pietro, insieme a Giacomo e Giovanni, sul monte e si trasfigura davanti a loro.

A una settimana dalle tentazioni tese a Gesù dal demonio (domenica I di Quaresima), Gesù gioca per i suoi discepoli la carta dell’attrazione: un’apparizione pasquale anticipata.
La gloria di Dio viene mostrata per un momento. La trasfigurazione permette ai discepoli di affrontare la passione di Gesù in modo positivo, senza rimanerne sconvolti o travolti.
Il volto sfigurato della passione, mistero di sofferenza, sarà così in Gesù, prima di tutto dono di amore donato.

Non è il Messia potente, forte e dominatore che essi attendevano: sarà invece “l’onnipotenza dell’amore”, non per “dominare” ma per “donare” amore senza misura. “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. Ascoltare Gesù con fiducia e stare davanti a Lui fino alla morte in croce permetterà di dire al centurione: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”.

Per ora bisogna accettare la nube, e la sua ombra, la profezia della passione e l’ombra della croce, il volto sfigurato di Gesù e la sua morte per poter riconoscere anche la sua risurrezione, il suo amore e la luce che provengono da essi e che la nube ha coperto. Oggi rimane per noi: l’ascolto dell’Amato del Padre, Gesù che si rivela a noi.

Ci sono tante caratteristiche della missione della Chiesa e della missione indiana: la “nube” di popoli poveri alla ricerca di giustizia e di vita, e la “luce” di gioia vissuta nell’amore condiviso della carità (la “goccia di carità nell’oceano del mondo” diceva Madre Teresa).

I “volti sfigurati” dai vari tipi di lebbra antica e nuova (come quelli del Lebbrosario di Versova) e dalle prove della vita, ma “trasfigurati” nell’incontro dell’amore, dell’accoglienza e del servizio.

Dietro a tutti questi volti ci sta il volto del Cristo “sfigurato” dalla croce e “trasfigurato” dalla risurrezione.
Rimane un passaggio necessario per ogni cultura e missione: “Ascoltatelo, il Figlio mio, l’Amato!”

É ascolto di Lui che ti parla in quella cultura, quella indiana, e che ti chiama ad amare, in quel mondo così diverso e così intenso di colori, di luci e di suoni, di gusti e di odori…
Ma è sempre Lui, l’Amato che ti parla e ti chiama a fare della tua vita un dono di amore anche fino alla croce!

Con Pietro, Giacomo e Giovanni allora saliamo anche noi per scoprirci e vivere ancora più da fratelli di questa umanità sfigurata e trasfigurata, immagine del Cristo.

Davide Castagnetti
Fratello della Carità

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