“E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”. Il Vangelo è in cartella, è appena finita la lezione a distanza pur essendo io in presenza e così lo spolvero. L’apertura “a casaccio” questa volta finisce sul Vangelo di Matteo, capitolo 18, dove i discepoli curiosi chiedono a Gesù chi sia il più grande nel Regno dei Cieli ottenendo una risposta che mi richiama subito un certo monello di 80 cm (due mele o poco più) che mi gira per casa: “Chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel Regno dei Cieli”.
Mi guardo intorno: l’aula è deserta, “bambini” non ce ne sono, e mi verrebbe quasi da ridere al pensiero di “E mò chi accolgo oggi?”, se il computer davanti a me non mi ricordasse che con la scuola al 50% l’accoglienza oggi passa via etere. Una videochiamata in più, una mail, un’interrogazione di recupero sudata ma alla fine riuscita, anche solo un pensiero, a volta una preghiera: l’accoglienza oggi deve cambiare volto.
Certo l’invasione di campo è dietro l’angolo, i contatti a distanza superano quelli delle cinque o sei ore mattutine in presenza e a volte bisogna mettere un freno, ma gli strumenti ci sono tutti. La lavagna però, oggi, è ancora nera: nessuno schema né promemoria, abbiamo usato la chat e lo schermo condiviso per fissare alcuni concetti e quel nero, lo ammetto, fa paura.
“Arrivederci prof, ci vediamo dopodomani in presenza”. Ad accendere la luce bastano queste poche parole, ancora due giorni e l’accoglienza sarà de visu. Sospiro di sollievo ma con un filo di ansia: dovrò concentrare in due ore i sorrisi e le attenzioni di sei ore, se qualche problematica (di quelle che puoi vedere solo in presenza) sfugge al radar-docente dovrò aspettare un’altra settimana.
Ecco allora che dovrò essere ben concentrata quando li vedrò, se una pecora sarà fuggita dovrò essere pronta a correre. Facile? No, e questa fatica dell’alternanza di presenza e distanza qualcosa ci dovrà pur insegnare, prima di tutto a correre insieme, in gruppo, per moltiplicare le attenzioni e sì, anche la gioia.
Francesca Manini