Quando cucina era sinonimo di casa

Era certamente l’ambiente più importante della casa contadina delle nostre campagne, dove si vivevano i momenti più importanti e significativi della famiglia riunita. Talmente importante era considerato il ruolo della cucina da venire identificato con quello della ca-sa stessa tanto che, quando si cercava una cosa o un componente della famiglia, spesso la risposta era: “L’è in cà” (in casa), per dire che era in cucina”.

Qui si accedeva direttamente dall’esterno, o dalla “porta morta”, oppure da un ampio corridoio che dava anche accesso alla scala, alla cantina ed ad una eventuale camera multiuso.

Il pavimento, nelle case più antiche, era in mattoni pieni che lasciavano intravedere ampie fessure attraverso le quali si disperdevano i liquidi che inavvertitamente si rovesciavano a terra; per quelle di più recente costruzione si è fatto uso delle “spaccatelle”, materiale laterizio meno rustico e di minor spessore.
Il soffitto era caratterizzato dai tradizionali travetti e travelle con trave portante centrale, al quale veniva appesa la lucerna a petrolio con il saliscendi.

Le pareti intonacate, spesso annerite dal fumo, venivano tinteggiate quasi tutti gli anni dallo stesso contadino, utilizzando prodotti a base di calce con una rifinitura costituita da una riga in prossimità del soffitto ed un zoccolo più scuro. Sul lato opposto alla porta d’ingresso troneggiava un grande camino, sulla cappa spesso spiccava il crocefisso mentre sulla mensola che girava tutto intorno al focolare si poteva vedere un po’ di tutto: lumi, candele, la sveglia, la scatola dei fiammiferi.
Il camino, oltre a scaldare, serviva anche per cucinare, ma, dopo i primi decenni del secolo scorso, spesso la cucina disponeva di una stufa, più pratica e più economica e soprattutto anneriva meno le pareti.

In un angolo, ma non sempre, c’era il lavandino in pietra e sopra il gancio a mensola in ferro, dove si appendeva il secchio dell’acqua da bere con relativo mestolo. L’arredo era ridotto al minimo indispensabile: un grande tavolo, alcune seggiole ed una panca, dove sedevano donne e ragazzi (i bambini stavano sulle ginocchia della mamma), una capiente madia per impastare e custodire il pane, un mobile rustico per le stoviglie.

Regina della cucina era la “resdora” (reggitrice), la nonna o la mamma, in relazione alla composizione della famiglia; era lei che cucinava, che sceglieva il “menù” della giornata in relazione ai prodotti del periodo, era lei che chiamava a tavola e sollecitava le più giovani nelle mansioni di servizio e di riordino a fine pasto.

La disposizione a tavola della famiglia contadina di tipo patriarcale seguiva un ordine ben preciso: a capo tavola, rivolto verso la porta d’ingresso della cucina, sedeva il capo famiglia (resdor), vicino a lui il bifolco (bìolc) che, come responsabile del bestiame della stalla, era considerato secondo in ordine di importanza in merito all’andamento economico dell’azienda; seguivano a scalare gli altri uomini adulti della famiglia (i figli o fratelli minori).
Dall’altra parte della tavola sedevano donne e ragazzi mentre il posto di capotavola opposto al “resdor” spettava alla “resdora”.

Durante i pasti principali (pranzo e cena) il capo famiglia informava sui lavori da fare, sulla situazione della campagna e dei raccolti ed in proposta citava antichi proverbi e modi di dire, contribuendo così a tramandare di volta in volta spezzoni di cultura contadina alle nuove generazioni.
Nella cucina, intorno alla tavola, la famiglia aveva modo di trovare i momenti più significativi di unione e comunione, cui partecipavamo, pur senza parlare, anche ragazzi e bambini che ascoltavano e imparavano.

A tavola si festeggiavano le ricorrenze più importanti dell’anno, Natale, Capodanno, Pasqua ed altre ancora che, per le famiglie credenti, erano anche tanti momenti di preghiera davanti all’immagine della Sacra Famiglia.
Nella grande cucina si ricevevano i parenti in occasione della Sagra del paese che erano anche occasioni per scambiarsi esperienze provenienti da località diverse.
Ma sempre, in ogni giorno dell’anno per la famiglia contadina, sedersi intorno alla tavola per nutrirsi dei prodotti del proprio lavoro era un rito, un atto di fede.

Giuliano Lusetti

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