Omelia nella santa Messa per la Giornata della Vita Consacrata

Cari fratelli e sorelle,

questa celebrazione ci vede qui raccolti in un numero limitato, nella certezza che a questa nostra preghiera partecipano tutte le persone consacrate che vivono nella nostra Chiesa e a cui è rivolta questa nostra Eucaristia.

Nel Vangelo che abbiamo appena proclamato, troviamo ben due volte uno sguardo sulla persona di Gesù attraverso le parole “insegnamento” e “autorità”. All’inizio, l’evangelista ci narra che Gesù, come era solito fare, partecipa un sabato a Cafarnao alla liturgia sinagogale. Il più delle volte, non solamente come uno tra gli altri, egli insegnava. I vangeli spesso ci mostrano Gesù che insegna nella sinagoga. Egli sa di avere un posto particolare nel suo popolo, una missione da svolgere. Sa che questa missione avviene innanzitutto attraverso l’insegnamento, cioè la rivelazione del disegno di Dio sul mondo, un disegno che ha al centro la sua Persona. Come riporta l’evangelista Luca, è Gesù stesso a rivelare, nella sinagoga di Nazareth, che le profezie si compiono nella sua missione (cfr. Lc 4,21).

Ma l’evangelista Marco non ci parla soltanto di un insegnamento. Egli descrive Gesù come un maestro dotato di autorità. Cosa vuole dirci? Vuole prepararci a ciò che il popolo stesso, presente nella sinagoga, maturerà dentro di sé. Nel luogo di preghiera, infatti, c’era un uomo posseduto da uno spirito immondo. Da lui esce una voce demoniaca che non può trattenersi e finisce per dare un’alta testimonianza di chi sia il Nazareno. Sei venuto a rovinarci. Io so che tu sei il Santo di Dio (cfr. Mc 1,24). A questo punto Gesù impone allo spirito immondo di uscire dal corpo di quello sventurato. Ed egli, gridando, scappa lontano.

Tra i presenti si diffonde stupore e timore. Non avevano mai visto nulla di simile. Hanno la chiara percezione di trovarsi di fronte a un evento in cui agisce Dio. Ma, forse, sono ancora più interrogati dalle parole del demonio: Tu sei il Santo di Dio. L’evangelista conclude riportando le frasi che correvano tra le bocche dei presenti: Che cosa è accaduto? A che cosa abbiamo assistito? Abbiamo visto qualcosa di assolutamente nuovo, una parola non solo rivelatrice, ma dotata di una forza di azione e di trasformazione, capace di inaugurare una nuova epoca nel mondo, quella in cui il male è cacciato e perciò il dolore e la morte, i grandi nemici dell’uomo, sono vinti.

La vita consacrata non è nient’altro che l’esistenza di uomini e donne chiamati nel mondo ad annunciare che Cristo è il santo di Dio, ad annunciare cioè che è possibile sulla terra iniziare un’esistenza liberata dal male e dalla morte. Tutto questo può avvenire soltanto ad una condizione: che essi si lascino interamente permeare dall’insegnamento di Gesù e, più ancora, dalla forza della sua azione risanatrice.

La vita consacrata non è la vita perfetta di colui che riesce con le proprie energie ad allontanare l’azione del demonio dalle ore della propria giornata, dai meandri della propria mente e del proprio cuore. Essa è piuttosto la vita di chi ama Gesù con tutte le forze del proprio cuore e della propria mente, perché ha visto in lui l’unico che può salvare la sua vita dal vuoto e dalla disperazione. Dal vuoto delle promesse del mondo e dalla disperazione che ci distrugge quando seguiamo gli idoli della terra. «Sulla vita religiosa – ci ricorda il Papa – incombe questa tentazione: avere uno sguardo mondano. È lo sguardo che non vede più la grazia di Dio come protagonista della vita e va in cerca di qualche surrogato: un po’ di successo, una consolazione affettiva, fare finalmente quello che voglio. Ma la vita consacrata, quando non ruota più attorno alla grazia di Dio, si ripiega sull’io. Perde slancio, si adagia, ristagna… Così si diventa abitudinari e pragmatici, mentre dentro aumentano tristezza e sfiducia, che degenerano in rassegnazione»[1].

La vita consacrata è la vita dell’innamorato, di colui che ha incontrato l’amore di Gesù e che vive per rispondere a questo amore, per contraccambiare questo amore, per piacere al Signore, come ci ha insegnato san Paolo nel brano della prima lettera ai Corinti che abbiamo ascoltato in questa liturgia (cfr. 1Cor 7,32-35).

La vita consacrata è un dialogo continuo tra innamorati. Là dove questo dialogo si attutisce o si spegne, la consacrazione si riduce a un insieme di regole pesanti, a cui è impossibile obbedire. Senza fascino, senza attrattiva. Consacrare la propria vita a Gesù equivale a lasciar penetrare in noi il profumo e il calore della sua presenza, seguire le tracce delle sue parole, delle sue azioni, dei suoi profumi. «La gioia di appartenergli per sempre è un incomparabile frutto dello Spirito Santo, che voi avete già assaporato»[2].

Nella prima lettura, tratta dal Deuteronomio, Dio parla con Mosè e gli ricorda le parole che il condottiero del popolo gli ha rivolto sull’Oreb. Mosè aveva detto a Dio: “non parlare più e non apparirmi più perché il tuo fuoco è troppo caldo, troppo luminoso, io ne vengo abbagliato e bruciato. Invece di vivere, ne morirò” (cfr. Dt 18,16). Dio ascolta la parola di Mosè, certamente ardita e, in un certo senso anche irriverente. Egli promette un profeta che parli in mezzo al popolo al suo posto e che abbia la sua luminosità senza essere così devastante. In questo brano del Deuteronomio abbiamo una stupenda profezia dell’incarnazione: l’umanità di Gesù diventa la parola che può essere capita, la luce che può essere accolta. Ciò che vale per lui, vale per ogni vita profetica. Il profeta è la trasparenza di Dio. In questo modo ci viene rivelato il valore e il significato profetico di ogni esistenza che poggia interamente la sua speranza di gioia e realizzazione nella sequela dell’umanità di Gesù.

Lascio a ciascuno di voi la meditazione di queste mie riflessioni che voglio soltanto facilitare con alcune domande.

Quale è per me l’origine della mia vita, della mia consacrazione?

Come avviene durante la mia giornata l’incontro con l’umanità di Gesù? Nella preghiera? Nel silenzio? Nella meditazione? Nell’incontro con i poveri, gli abbandonati, gli indemoniati?

Come vivo la profezia, la missione verso gli uomini e le donne che cercano Cristo?

Affido a Maria, Regina dei profeti, consacrata interamente a Dio, la fecondità di questa giornata nelle persone consacrate della nostra Chiesa.

Amen.

[1] Francesco, Omelia nella santa Messa per la XXIV Giornata della Vita Consacrata, Basilica Vaticana 1 febbraio 2020.

[2] Paolo VI, Esortazione apostolica “Evangelica Testificatio”, n. 55.

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