Giovanni il giramondo

Fin dall’inizio di ottobre, sul fare della sera, lo vedevi arrivare là in fondo al viottolo con il suo passo lento, ma sicuro. Vagava per le strade di campagna, come tanti altri nel primo dopoguerra, senza casa e senza famiglia, alla ricerca di una stalla, dove trascorrere la notte al caldo. Giovanni era un “giramond”, ma non era come gli altri. Piccolo e magro vestiva con dignità ed aveva cura della sua persona; sempre rasato, ordinato e pulito, perfino sotto al berretto di lana i suoi capelli erano composti. Il suo sguardo era buono, vivace e triste insieme, quasi volesse nascondere il tracciato infelice della sua vita. Taciturno, parlava solo se interrogato e il suo modo di esprimersi era quello di un uomo istruito; per certi versi assomigliava a quello dei nostri maestri e come da loro anche con lui c’era sempre qualcosa da imparare. Ma la sua parlata era molto diversa dalla nostra, le parole gli uscivano dalla bocca come fossero trascinate, e quella “C” aspirata a noi bambini metteva ansia.

Leggi tutto l’articolo di Giuliano Lusetti su La Libertà del 16 dicembre 2020

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