Aborto, l’esperienza del «dopo»

“In uno Stato laico, su un argomento che riguarda le donne, il silenzio è l’unica cosa che vorremmo sentire sull’argomento dagli uomini di Chiesa”. Così si conclude la dura reazione di Nadia Monti e Alex Isabelle, portavoci del comitato Marielle Franco aderente a Possibile, dopo l’intervento del vescovo Massimo Camisasca riguardo l’annuncio del Governo di voler estendere a tutte le regioni la possibilità di assumere la pillola Ru486 in day hospital (da La Gazzetta di Reggio).
Sono diacono permanente, pertanto anche uomo di Chiesa. Ma voglio parlare come papà e nonno. Parlare come uomo. Allora da uomo – oggi – dico che termini come Maternità libera, consapevole; madri quando lo decidiamo noi; autodeterminazione; diritto a dire la prima e l’ultima parola sul nostro corpo e sulle nostre gravidanze sono parole sentite e risentite fino alla noia negli ultimi decenni. Parole che, a mio parere, rivelano l’illusione di poter gestire il proprio corpo, slegati da ogni vincolo. Il corpo come proprietà privata. Padroni della vita.
Ma, devo riconoscerlo, anch’io nel periodo della mia gioventù sono stato ammaliato da questi slogan quando, libero da ogni vincolo, vedevo in me la piena capacità di decidere. Decidere ciò che era bene o ciò che era male in base alla mio intendere e volere. Per usare un termine più alla moda: mi autodeterminavo. Che stoltezza! Dico oggi.

Leggi tutto l’articolo di Pierangelo Roncalli nella pagina dei Lettori su La Libertà del 26 agosto 2020

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