È possibile parlare di temi difficili

Mi dispiace che l’intervento del Vescovo Massimo sull’aborto in day hospital sia stato considerato da alcuni come l’espressione di una posizione ideologica, per di più antiquata.

Mi chiedo se non sia possibile discuterne, pur riconoscendo che ci sono problemi reali, certo di non facile soluzione.

Il Vescovo parla del rischio che l’aborto sia banalizzato. E’ anche la mia preoccupazione. Per me, l’aborto resta pur sempre la soppressione di una vita umana. Non tutti la pensano come me, ma almeno su un punto dovremmo trovarci d’accordo: mi sembra azzardato affermare che la possibilità di abortire permetta una scelta di libertà e non sia piuttosto una sconfitta.

Non  intendo  parlare  della  responsabilità  morale  della  donna  che  sceglie  di  interrompere  la gravidanza e neppure di quella dell’uomo che le è vicino o forse non lo è. Di questo si può parlare solo entro un rapporto personale di fiducia e di profonda accoglienza. Si tratta invece di chiederci quale sia la cultura che noi promuoviamo, se sia favorevole alla vita, se permetta alla donna di sentirsi stimata, compresa, aiutata.

Nella mia esperienza, ho constatato che è molto difficile far cambiare la decisione di abortire: ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte a una vertigine, come se ci fosse solo una strada obbligata, non veramente voluta, ma vista come l’unica possibile. Mi chiedo se questo non dipenda anche da un ambiente, da una cultura, che dovremmo sottoporre a un onesto esame di coscienza.

Che non si tratti di cosa banale, nella quale l’una e l’altra scelta sono equivalenti, lo dimostra quanto accade dopo l’aborto, il senso di colpa che opprime spesso la donna, soprattutto se non trova il coraggio, o un contesto accogliente, per parlarne. Un percorso di liberazione non è facile. Le circostanze dolorose, le angosce, i sentimenti di impotenza, tutto quello che prima valeva per precludere ogni alternativa all’aborto, non bastano ora per trovare scusanti.

Se qualcuno amico, medico, psicologo, sacerdote, ha l’onore di essere scelto come confidente, non dovrebbe cercare altre scuse, oltre a quelle che la donna non ritiene sufficienti. Piuttosto, ella può essere aiutata a riconoscere che, nel fondo del suo animo, la voce della coscienza, che coincide con quella di Dio, le dice: “Tu puoi trovare proprio qui una ripartenza per la tua vita; il dolore può diventare consapevolezza, generosità, dono”.

Don Giuseppe Dossetti

“MONUMENTO AL BAMBINO MAI NATO” (Martin Hudáček, 2011, Bardejovska – Slovacchia)

 

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