CSI racconta il progetto ‘Il Terzo Tempo’ sul portale Sport a Reggio

Il presidente Alessandro Munarini ha parlato del progetto ‘Il Terzo Tempo’, che in collaborazione con alcuni istituti superiori reggiani organizza attività sportive tra ragazzi disabili e normodotati

Il 22 giugno, in diretta sul portale Sport a Reggio, il CSI ha raccontato del suo progetto ‘Il Terzo Tempo’, un’iniziativa che si impegna a creare contesti di inclusione tra ragazzi normodotati e disabili degli istituti superiori reggiani. Trattasi di attività sportive, adattate e con cadenza settimanale, che variano su tantissime discipline. (Nel caso di quest’anno, purtroppo, non è stato possibile svolgere le attività outdoor programmate per la primavera).

«‘Il Terzo Tempo’ non coinvolge solo ragazzi disabili – ha spiegato il presidente CSI, Alessandro Munarini -, ma anche quelli che hanno abbandonato prima del tempo l’ambiente scolastico o i senza fissa dimora». Il contesto scolastico reggiano vede coinvolti «ormai da anni – ha aggiunto – l’istituto Motti, Galvani, Zanelli, per un anno anche il Chierici. Sono tutte realtà che hanno la sensibilità di coniugare la scuola e lo sport, creando una preziosa opportunità di inclusione».

A testimonianza della stretta collaborazione tra il CSI e i professori in primis, hanno partecipato alla diretta anche Claudio Attolini, docente di ginnastica al Motti, e Lucia Spreafico, docente del liceo Corso di Correggio. «I momenti di inclusione e amicizia che nascono in questi contesti sono straordinari – ha detto Attolini -, lo sport è unico nell’offrire certe possibilità». «Lo sport aumenta l’autostima e l’autonomia – ha considerato la professoressa Spreafico -. Mai come oggi dovrebbe essere molto più considerato nel sistema scolastico, perché assistiamo sempre più a un aumento di fragilità anche psico emotive o comportamentali».

Il fiore all’occhiello della trasmissione è stato, sul finale, l’intervento di Francesco Messori, capitano della nazionale calcio amputati, che otto anni fa è riuscito grazie al CSI a creare una squadra «e portare in tutta Italia la nostra testimonianza di vita e di sport», ha detto Messori. «Io sono nato senza una gamba – ha raccontato -. Da piccolo, con una protesi, ho sempre giocato con ragazzi normodotati ma poi ho capito che non faceva per me. Peggiorava solo la mia condizione naturale, impedendomi di fare certi movimenti. Così, a dieci anni, è iniziata la mia vita in stampelle» e con essa uno dei più coraggiosi e nobili esempi di come sport e disabilità possano coesistere e raggiungere traguardi incredibili.

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