Sarà vero che le «élites» fanno la storia?

In tutte le culture e civiltà è presente l’idea che esista un gruppo ristretto di uomini diverso da tutti gli altri, gruppo che si distingue per sangue, discendenza “divina”, talento militare o intellettuale o altri caratteri; tale gruppo occupa un posto privilegiato nella scala sociale ed è destinato a giocare un ruolo preminente nella vita del popolo, guidandolo e orientandolo in vari modi, con la forza o con altri metodi. Il destino della massa è legato alle sue decisioni e alle sue azioni ed è tale gruppo che, in ultima analisi, fa la storia.

È un gruppo ristretto perché gode di una prerogativa unica: chi ne fa parte è un eletto, un individuo “scelto”, separato dagli altri. Scelto da chi? All’interno della concezione secondo cui “il potere viene dall’alto” la scelta è legata a una volontà superiore, quella della divinità ed anche chi trionfa o si distingue per meriti propri (il guerriero, il sacerdote eccetera) può farlo perché, in qualche modo, così ha deciso il dio. Chi ha potere partecipa del Potere divino, in qualunque forma venga concepita la divinità.
Se tale visione della realtà è presente presso tutti i popoli e tutte le etnie, esiste un popolo che ha incarnato in modo speciale tale concezione: il popolo ebraico.

Continua a leggere il testo integrale del saggio di Daniele Semprini su La Libertà del 17 giugno 2020

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