Basta togliere ciò che è di più

Il poliedrico percorso della scultrice Carmela Adani

Davanti alle sue opere ci siamo fermati a pregare o in adorazione del Santissimo Sacramento, tanti di noi sono stati battezzati con l’acqua benedetta attinta dal Fonte scolpito dalle sue mani o hanno partecipato alle Messe celebrate sulle tante Mense di marmo ideate e costruite da lei, eppure pochi ne conoscono il nome e ancora meno la sua importanza nella storia dell’arte italiana del ’900. Stiamo parlando di Carmela Adani (foto 1) nata nel novembre del 1899 nella vicina Modena, ma emigrata in quel di Correggio all’età di tre anni e perciò, come lei stessa ci teneva a dire, correggesse doc.
Il fianco per parlare in queste pagine della grande arista reggiana ce lo offre Giuseppe Landini che ha appena dato alle stampe, per i tipi de La Nuova Tipolito di Felina, un volume che ne raccoglie le opere più significative.

L’amore per la materia da accarezzare con il martello e lo scalpello o per la creta da modellare con le mani Carmela lo impara, fin da bambina, nella bottega di Primo, il padre marmista. Le qualità evidenti della ragazzina non sfuggono agli occhi attenti del genitore, che vede in lei un’allieva che presto lo supererà e così viene mandata a Firenze a studiare all’Accademia di Belle Arti, dove si perfeziona con i maestri Giuseppe Graziosi, Felice Carena e Giovanni Michelucci, diplomandosi in disegno architettonico; una delle prime donne in Italia.

Continua a leggere tutto l’articolo di Giuseppe Maria Codazzi su La Libertà del 27 maggio 2020

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