Il Papa critica la cultura della mondanità che odia la fede

Nell’omelia di sabato 16 maggio, nella Messa mattutina a Santa Marta, il Papa ha commentato il passo del Vangelo di San Giovanni, 15,18-21, in cui Gesù si rivolge ai discepoli con queste parole: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia”.

“Qual è lo spirito del mondo? Cosa è questa mondanità, capace di odiare, di distruggere Gesù e i suoi discepoli, anzi di corromperli e di corrompere la Chiesa?” si è chiesto Bergoglio.

Questa la puntuale e decisa risposta: “È una proposta di vita, la mondanità, è una cultura; è una cultura dell’effimero, dell’apparire, del maquillage, una cultura dell’oggi sì, domani no; domani sì e oggi no. Ha dei valori superficiali”.

Papa Francesco ha precisato che è una cultura che non conosce fedeltà, perché cambia secondo le circostanze, negozia tutto. Questa è la cultura mondana. Ecco perché Gesù prega perché il Padre difenda da questa cultura della mondanità. “È una cultura dell’usa e getta, secondo la convenienza. È una cultura senza fedeltà ed è “un modo di vivere anche di tanti che si dicono cristiani. Sono cristiani ma sono mondani”.

Il Santo Padre ha così proseguito: Gesù nella parabola del seme che cade in terra dice che le preoccupazioni del mondo, cioè la mondanità, soffocano la Parola di Dio, non la lasciano crescere.

Al riguardo ha citato una preziosa riflessione del gesuita Henri de Lubac sulla mondanità spirituale che il teologo francese definisce “il peggiore dei mali che può accadere alla Chiesa”; e non esagera descrivendo alcuni mali che sono terribili.

La mondanità spirituale è un’ermeneutica di vita, è un modo di vivere; anche un modo di vivere il cristianesimo. E per sopravvivere davanti alla predicazione del Vangelo, odia, uccide”. Il Papa  ha ricordato i martiri uccisi dalla mondanità che odia la fede. Infatti, la mondanità non è superficiale, ma ha radici profonde ed è camaleontica, cambia a seconda delle circostanze, ma la sostanza è la stessa: una proposta di vita che entra dappertutto, anche nella Chiesa. “La mondanità, l’ermeneutica mondana, il maquillage, tutto si trucca per essere così”.

Il Santo Padre ha richiamato il discorso pronunciato da San Paolo nell’Areopago di Atene; attira l’attenzione degli astanti quando parla del “dio ignoto” e incomincia a predicare il Vangelo; ma quando arriva alla croce e alla risurrezione, costoro si scandalizzano e se ne vanno via.

La mondanità c’è una cosa che non tollera lo scandalo della Croce. E l’unica medicina contro lo spirito della mondanità è Cristo morto e risorto per noi, scandalo e stoltezza”.

L’apostolo san Giovanni dice che “la vittoria contro il mondo è la nostra fede”; l’unica vittoria è la fede in Gesù Cristo, morto e risorto. E questo non significa essere fanatici, smettere di dialogare con tutte le persone, ma sapere che la vittoria contro lo spirito mondano è la nostra fede, lo scandalo della Croce.

Così Bergoglio ha concluso l’omelia: “Chiediamo allo Spirito Santo, in questi ultimi giorni del tempo pasquale, la grazia di discernere cosa è mondanità e cosa è Vangelo e di non lasciarci ingannare, perché il mondo ci odia, il mondo ha odiato Gesù e Gesù ha pregato perché il Padre ci difendesse dallo spirito del mondo”.

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