La chiusura di scuole e università non è stata indolore per l’educazione cattolica. Molte famiglie ritrovatesi in situazione di precarietà per colpa della crisi sanitaria non possono più sostenere le spese scolastiche
195 Paesi nel mondo sono più o meno colpiti dall’epidemia di Covid-19, cioè quasi tutto il pianeta. Ovunque siano state adottate misure di contenimento, scuole, college e università sono stati chiusi e le aule abbandonate da un giorno all’altro, con tracce delle ultime lezioni ancora sulle lavagne.
Le nuove tecnologie non sempre accessibili
Nelle prime due settimane di contenimento, le istituzioni si sono attrezzate e hanno formato gli insegnanti alle nuove tecnologie che potevano permettere la formazione a distanza. Questa trasformazione ha comportato dei costi, a volte pesanti. Le nuove tecnologie sono venute in soccorso dei programmi scolastici e universitari, ma non tutte le istituzioni erano preparate. “C’è una differenza tra scuola e università – dice il cardinale Giuseppe Versaldi, Prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica – le università erano già tecnologicamente avanzate, anche e ovviamente perché gli studenti sono più grandi. Ma le scuole elementari, anche se ci sono delle eccezioni, non erano preparate a una situazione così drammatica in cui quasi tutto dovrebbe essere supportato dalla tecnologia”.
Dall’altra parte anche le famiglie hanno dovuto attrezzarsi,affrontando due livelli di difficoltà. L’impatto economico e sociale. L’acquisto di un computer non è sempre stato possibile per le famiglie il cui equilibrio economico è ordinariamente fragile, il che può avere gravi conseguenze sulla desocializzazione di bambini e studenti in situazioni precarie.
Un forte impatto su tutte le scuole, cattoliche e non
Il cardinale Giuseppe Versaldi vuole dirlo chiaramente: “Questa situazione ha colpito sia le scuole cattoliche che quelle non cattoliche”. E l’impatto è economico, sociale, ma anche psicologico. Quest’ultimo aspetto è importante perché riguarda lo stato d’animo degli studenti resi meno liberi, meno disponibili all’insegnamento e all’apprendimento a causa della paura e dei timori generati dalla crisi sanitaria.
Ciò che non può essere garantito dall’educazione a distanza è “la socializzazione e la capacità di stare con gli altri, di crescere con gli altri e con gli insegnanti”, dice il prelato. Per quanto riguarda l’aspetto economico, il prefetto menziona le difficoltà di molte famiglie che si sono ritrovate senza un reddito sufficiente per coprire le spese scolastiche, eppure le scuole cattoliche hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, solo questo introito per finanziarsi. Negli Stati Uniti, la sopravvivenza di alcune scuole e università è minacciata. Padre Dennis Holtschneider, che dirige l’Associazione dei Collegi e delle Università cattoliche del Paese, lo dice senza mezzi termini: “Si teme di chiudere alcune delle nostre scuole se la situazione non migliorerà in modo significativo”. Nonostante le difficoltà finanziarie, molti collegi hanno scelto di rimborsare parte delle spese agli studenti che, a causa del confinamento, non beneficiano più di tutti servizi delle strutture.
Allo stesso tempo, gli stipendi del personale e degli insegnanti continuano ad essere pagati. Inoltre, quest’estate non ci saranno programmi di formazione che sono anche una fonte di reddito. Anche in Italia la situazione appare difficile e le voci dei vescovi – insieme a quella delle religiose e dei religiosi – si sono unite a quelle di tante associazioni di genitori per manifestare tutta la preoccupazione per la tenuta del sistema delle scuole paritarie. “Già ieri – ha dichiarato don Ivan Maffeis, sottosegretario della Conferenza episcopale italiana – erano in difficoltà sul piano della sostenibilità economica. Oggi, con le famiglie che hanno smesso di pagare le rette a fronte di un servizio chiuso dalle disposizioni conseguenti all’emergenza sanitaria, rischiano di non aver più la forza di riaprire”.
Jean Charles Putzolu – Città del Vaticano — da Vatican News del 14 Mggio 2020