Papa Francesco nella Messa a Santa Marta sabato 18 aprile: la franchezza appartiene allo stile proprio del cristiano. No ai cristiani tiepidi
La franchezza, cioè la “parresìa” nell’annunciare Cristo, è stato il leitmotiv dell’omelia che questa mattina – sabato 18 aprile -Papa Francesco ha pronunciato nella Messa celebrata a Santa Marta. Introducendo la celebrazione eucaristica aveva avuto un ricordo particolare per gli operatori sanitari che assistono i disabili colpiti dal Covid-19.
Commentando il brando degli Atti degli Apostoli, ha osservato come i capi, gli anziani, gli scribi, vedendo gli Apostoli e la franchezza con la quale parlavano e ben sapendo che era gente senza istruzione – forse non sapevano scrivere – rimanevano stupiti; non capivano e dicevano: “Ma è una cosa che non possiamo capire, come questa gente sia così coraggiosa, abbia questa franchezza”.
La franchezza, ha sottolineato Bergoglio, è una parola molto importante che diviene lo stile proprio dei predicatori cristiani; significa dire chiaramente. Viene dalla radice greca di dire tutto, e anche noi usiamo tante volte questa parola, proprio la parola greca, per indicare questo: parresìa, franchezza, coraggio. E i capi degli ebrei vedevano questa franchezza, questo coraggio, questa parresìa nei discepoli e non capivano. Il Papa ha evidenziato il coraggio e la franchezza con i quali i primi apostoli predicavano; il Libro degli Atti è pieno di questo: dice che Paolo e Barnaba cercavano di spiegare agli ebrei con franchezza il mistero di Gesù e predicavano il Vangelo con franchezza.
Il Santo Padre ha poi proseguito: “Ma c’è un versetto che a me piace tanto nella Lettera agli Ebrei, quando San Paolo si accorge che c’è qualcosa nella comunità che sta andando giù, che si perde quella franchezza; che c’è un certo tepore, che questi cristiani stanno diventando tiepidi. E dice questo: richiamati ai primi giorni, avete sostenuto una lotta grande e dura: non gettate via adesso la vostra franchezza”. Ecco allora l’invito: “riprenditi” la franchezza, il coraggio cristiano di andare avanti. Non si può essere cristiani senza questa franchezza: se non c’è non si è buoni cristiani.
“Se non hai il coraggio, se per spiegare la tua posizione tu scivoli sulle ideologie o sulle spiegazioni casistiche, ti manca quella franchezza, ti manca quello stile cristiano, la libertà di parlare, di dire tutto. Il coraggio”.
Il Santo Padre si è poi soffermato su un altro atteggiamento descritto negli Atti: i capi, gli anziani e gli scribi sono vittime di questa franchezza, perché li mette all’angolo: non sanno cosa fare. Rendendosi conto “che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi vicino a loro l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare”.
Invece di accettare la verità come si vedeva, avevano il cuore tanto chiuso che hanno cercato la via della diplomazia, la via del compromesso: “Spaventiamoli un po’, diciamo loro che saranno puniti e vediamo se così tacciono”. Davvero, sono messi all’angolo proprio dalla franchezza: non sapevano come uscirne. Ma a loro non veniva in mente di dire: “Ma non sarà vero, questo?”. Il cuore già era chiuso, era duro; il cuore era corrotto.
Questo è uno dei drammi: “la forza dello Spirito Santo che si manifesta in questa franchezza della predicazione, in questa pazzia della predicazione, non può entrare nei cuori corrotti. Per questo, stiamo attenti: peccatori sì, corrotti mai. E non arrivare a questa corruzione che ha tanti modi di manifestarsi”.
I capi degli ebrei trovano un compromesso: “Minacciamoli, spaventiamoli un po’”; e ordinarono loro di non parlare in alcun momento né di insegnare nel nome di Gesù.
Ma cosa succede? Gli Apostoli rispondono: “Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. Ma questo coraggio, da dove viene a questo codardo – così il Papa ha definito San Pietro – che ha rinnegato il Signore? Cosa è successo nel cuore di quest’uomo?
Ecco la risposta: il dono dello Spirito Santo; la franchezza, il coraggio, la parresìa è un dono, una grazia che dà lo Spirito Santo il giorno di Pentecoste. Proprio dopo aver ricevuto lo Spirito Santo sono andati a predicare: un po’ coraggiosi, una cosa nuova per loro. Questa è coerenza, il segnale del cristiano; il vero cristiano è coraggioso, dice tutta la verità perché è coerente.
E a questa coerenza chiama il Signore nell’invio. Questo è il saluto di Gesù: “Ricevete lo Spirito Santo; andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”, andate con coraggio, andate con franchezza, non abbiate paura. E richiamando la lettera di San Polo agli Ebrei ha aggiunto: “non gettate via la vostra franchezza, non gettate via questo dono dello Spirito Santo”. La missione nasce proprio da qui, da questo dono che ci fa coraggiosi, franchi nell’annuncio della parola.
Che il Signore ci aiuti sempre a essere così: coraggiosi. Questo non vuol dire imprudenti: no, no. Coraggiosi. Il coraggio cristiano sempre è prudente, ma è coraggio.
g.a.rossi