Intanto Google gongola

Niente baci e abbracci, ma il sorriso spero sia ancora ammesso. È lo spirito con cui tengo questo diario strampalato della prigionia da Covid-19, un po’ “Decameron” un po’ “Family man”.
Restiamo in casa, dunque. Giusto, doveroso. C’è più tempo per riflettere, dice. Dipende dalle case. Nella mia si affollano sette persone più un gatto che ha il permesso di uscire quando vuole e comunque non è in grado di redigere autodichiarazioni.
Siamo fortunati, però: abbiamo un balcone in cui si può giocare a biliardino e un pezzetto di verde in cui razzolare per l’ora d’aria. Però il tempo per pensare in pace finisce… dove inizia quello dell’altro, che spesso è a meno di un metro.

Dice: beh, per lo meno viviamo con più calma. Dipende.
Sorvolando sul fatto che si prova lo stesso a far uscire un giornale, che sarebbe poi questo, c’è una moglie insegnante, che deve spiegare via tablet; le figlie universitarie hanno le loro connessioni con le facoltà, le videolezioni vanno alla grande anche nelle scuole frequentate dai maschi, poi ci sono registri elettronici da consultare caricando e scaricando compiti per l’altra figlia.

Continua a leggere l’articolo nella rubrica Diario di casa mia a cura di Edoardo Tincani

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