Pubblichiamo l’omelia pronunciata dal vescovo Massimo domenica 15 marzo, terza di Quaresima
Cari fratelli e sorelle,
abbiamo sentito nella prima lettura una situazione provocata dal deserto (Es 17,3-7). Anche noi in questi giorni, guardando dalle nostre finestre, vediamole strade deserte. La situazione di deserto, che nella lingua italiana è sinonimo di solitudine, abbandono, situazione di difficoltà, invita tutti noi a riflettere: chi può sostenerci nel cammino del deserto?Penso che questa sia la domanda fondamentale che nasce da questa liturgia. Abbiamo visto che nella situazione di deserto è molto facile dubitare, cadere nella menzogna, dimenticare.
C’è questo bellissimo versetto del salmo che abbiamo recitato poco fa: Mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere (Sal 94,9). Questa èuna parola di Dio. Significa:dubitarono su di me e di me, nonostanteavessero visto nella loro vita tutto il bene che io avevo fatto per loro. È bastato un momento di difficoltà, una prova, perché dimenticassero tutto, cadessero in una ingratitudine infinita e cominciassero a chiedersi: Il Signore è in mezzo a noi sì o no? (Es 17,7). Il dubbio nasce dall’assenza di memoria e dall’assenza di gratitudine.
In questi giorni per potere attraversare le prove,più che pensare ad esse, dobbiamo concentrare la nostra attenzione sui benefici ricevuti da Dio: il dono della vita, la fede, la presenza di persone care ed amiche, e tanti altri doni personali che non posso elencare, ma che ciascuno di voi conosce benissimo. È chiaro che assieme ai doni ci sono le prove.Ed esse sono l’occasione in cui possiamo dimenticare i doni o imparare ad apprezzarli. Questo è esattamente ciò ci è chiesto in questo momento: vogliamo dimenticare i doni? Oppure vogliamo apprezzarli?
Nessuno nega le difficoltà a cui siamo sottoposti.Ma per uscirne vittoriosi, dobbiamo entrare nella memoria e nella gratitudine. Nella memoria di ciò che Dio ha fatto e fa continuamente per noi, e nella gratitudine per questa sua presenza e assistenza continua. Non possiamo dividere la vita in bianco e nero: anche questo momento di difficoltà che nasce da un male non voluto da Dio – lo ripeto più volte perché sia chiaro – è un tempo di Dio.D’altra parte siamo in Quaresima, tempo di prova per eccellenza, tempo in cui Dio mette alla prova la fede del suo popolo.Dio prova la nostra fede attraverso delle prove. In esse comprendiamo qual è il fondo del nostro cuore, qual è la forza su cui noi poggiamo, qualè la fonte della nostra speranza. Esisteuna fonte di speranza incontrovertibile,che è quella che ci è rivelata da San Paolo nella lettura che abbiamo ascoltato dalla lettera ai Romani (Rm 5,1-2.5-8): mentre eravamo peccatori Cristo è morto per noi (Rm 5,8). Dio non ha atteso che noi diventassimo buoni per mandarci suo Figlio.Perciò, anche in questa situazione di disagio e di difficoltà, Dio continua a mandare suo Figlio. Anche se non ci è permesso, se non è permesso a voi, Popolo Santo di Dio, di partecipare fisicamente all’Eucarestia, Cristo ogni giorno continua a morire per noi.Ogni giorno l’Eucaristia vive come donazione che Cristo fa alla Chiesa e a tutto l’universo.
Abbiamo sentito il dialogo di Gesù con la Samaritana (Gv 4,5-42).È un passo tratto dal quarto capitolo del Vangelo di San Giovanni che nel silenzio di queste settimane potremo rileggere e meditare distesamente con attenzione. Ho voluto che si leggesse la “forma breve” della pagina evangelica (Gv 4,5-15.19b-26.39a.40-42) per dare più rilievo alle parole centrali, all’evento centrale: il fatto dell’acqua, dell’acqua desiderata; l’acqua da bere desiderata da questa donna nel mezzogiorno assolato; l’acqua da bere da portare a casa.Ma Gesù spiega a questa donna che c’è un’altra acqua, altrettanto importante, anzi più importante: la prima infatti disseta per un momento, l’altra disseterà per sempre. Certamente anche quest’acqua nuova accenderà una nuova sete, ma disseterà ogni sete, perché si tratta di una fonte inesauribile. Quest’acqua è Gesù stesso.
Quest’acqua che ci ha raggiunto nell’acqua del battesimo, che ci raggiunge ogni giorno come acqua versata dal costato di Cristo attraverso l’Eucarestia.In questi giorni in cui non possiamo ricevere fisicamente l’Eucarestia, chiediamo almeno questo dono attraverso la comunione spirituale. Quest’acqua di Cristo che ci raggiunge è l’acqua di cui abbiamo bisogno per vivere:Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio(Mt 4,4; Dt 8,3). Potremmo dire oggi: “non di sola acqua vive l’uomo, ma di ogni goccia che esce dalla sorgente inesauribile che è Dio”.
Questa è l’acqua di cui abbiamo bisogno in questi giorni, più ancora del pane e di ogni tipo di bevanda, perché anche se ci fossero il pane e le bevande, in questo tempo abbiamo bisogno più che mai di Cristo. Senza di lui la nostra vita si chiuderebbe nella noia, oppure nella stanchezza e nella follia.Questi giorni ci mettono duramente alla prova e abbiamo bisogno perciò di un sostentamento solido, di un’alimentazione vera, di un’acqua che non finisca. Questa è la realtà che ci promette e ci dona la liturgia di questa domenica.
Voglio assicurare tutti i parrocchiani di Sant’Agostino che questa liturgia eucaristica è celebrata innanzitutto nella memoria di don Guido Mortari, che ieri ci ha lasciati. Un sacerdote che ha dedicato tutta la sua vita alla comunità di Sant’Agostino; un uomo amante soprattutto delle relazioni personali, delle relazioni primarie. Don Guido conosceva tutti i suoi parrocchiani, li andava a visitare, aveva con loro un rapporto profondo di affetto e di evangelizzazione. Purtroppo il momento attuale non ci permette di raccoglierci in preghiera tutti insieme, non ci permette neppure di celebrare l’eucarestia di commiato. In modo molto semplice nella giornata di domani, io, a nome di tutti voi, andrò al cimitero di Montalto per la benedizione della salma prima dell’inumazione. So di portare ciascuno di voi e sappiate anche che appena sarà possibile celebreremo una messa di commiato, di ringraziamento e di suffragio per l’anima di don Guido. Amen.