Denatalità: parla Mario Pollo, sociologo e antropologo dell’educazione
In Italia culle sempre più vuote. Lo scorso 11 febbraio l’Istat ha confermato nei suoi “Indicatori demografici” per l’anno 2019 una tendenza già in atto da tempo. Al 1° gennaio di quest’anno la popolazione era di 60 milioni 317mila individui con un saldo negativo rispetto all’anno precedente di -212mila unità. Nel 2019 le nascite sono state 435mila contro i 647mila decessi: il più basso livello di ricambio naturale nel Paese dal 1918. Di qui l’allarme e il monito del capo dello Stato Sergio Mattarella: “Come conseguenza dell’abbassamento di natalità vi è un abbassamento del numero delle famiglie. Questo significa che il tessuto del nostro Paese si indebolisce e va assunta ogni iniziativa per contrastare questo fenomeno”. Perché gli italiani fanno sempre meno figli? L’assegno universale dalla nascita all’età adulta ipotizzato dalla ministra per la Famiglia Elena Bonetti, insieme ad un fisco family-friendly, un ampliamento dei congedi parentali, l’armonizzazione tra tempi di vita e di lavoro potrebbe essere la soluzione? No, secondo Mario Pollo, sociologo e antropologo dell’educazione: “Questi interventi pubblici certamente aiuterebbero ma non sarebbero risolutivi. La crisi delle nascite ha ragioni più profonde che vanno al di là dei motivi economici”.
Professore, quali sono queste ragioni?
È anzitutto un problema culturale, e non di oggi. Già una ventina d’anni fa parlavo dell’inizio di un lento suicidio della nostra cultura. In questo ambito sono da tempo in atto due fenomeni interconnessi tra loro: la scomparsa dell’età dell’infanzia e la diffusione dell’ethos infantilistico.
Leggi tutto l’articolo di Giovanna Pasqualin Traversa su La Libertà del 26 febbraio