Con la Ghiara, il tempio mariano guastallese è il più importante della Diocesi. La storia e la relazione sui lavori al via
Dopo aver pubblicato la settimana scorsa l’appello del vescovo Massimo per la “raccolta fondi” in vista dei restauri del Santuario della Beata Vergine della Porta in Guastalla, in questa edizione – grazie all’Ufficio diocesano Beni culturali diretto dall’architetto Angelo Dallasta – approfondiamo la storia del tempio e gli aspetti tecnici dei lavori. Per le foto del 7 febbraio scorso, che si riferiscono sia alla Messa in Concattedrale nella festa liturgica che alla successiva presentazione dell’opera di restauro, coordinata dal Vicario generale della Diocesi monsignor Alberto Nicelli, ringraziamo Fausto Franzosi.
LA STORIA
La storia del Santuario della Beata Vergine della Porta è storia di religiosità popolare diffusa nel territorio a cavallo del fiume Po, fra le terre emiliane e mantovane; si tratta di una vicenda che prese avvio nel 1646 quando il sergente Pier Francesco Molesini commissionò al pittore guastallese Damiano Padovani un’immagine della Vergine da porre nella porta di San Francesco.
Sopravvissuta alla distruzione delle mura di Guastalla, l’effige sacra si rivelò miracolosa nel 1693, creando grande fermento in città e nelle terre vicine. Era il 7 febbraio quando Fabio Ruina, un ortolano che lavorava nei pressi della porta di San Francesco, testimoniò al vicario abbaziale generale che “un tale chiamato Zagno” gli aveva consegnato una candela pregandolo di accenderla “avanti un’Immagine della B.a Vergine Maria (…) alla quale si era raccomandato, mentre havea quasi del tutto perduta la vista, et apena era andato à comprare d.a candela (…) subito cominciò à ricuperarla, onde questa certamente la riconosceva per gratia speciale della B.a Vergine Maria”.
A quella notizia, molte persone accorsero in preghiera e nuovi miracoli vennero testimoniati, tanto che il 18 aprile 1693 l’Abate di Guastalla promulgò la definitiva sentenza con la quale l’immagine fu dichiarata miracolosa ed esposta alla pubblica venerazione.
Un mese più tardi ebbe conclusione la controversia per il titolo di Duca di Guastalla che contrapponeva Ferdinando Carlo e Vincenzo Gonzaga; questi giunse in città dove ricevette la solenne investitura il 19 aprile. Vincenzo, per rendere grazie della sua nomina, decise subito di erigere una nuova chiesa in onore dell’immagine miracolosa della Vergine, consapevole del consenso esteso che questa scelta gli avrebbe assicurato. Già il 9 maggio 1693 il Consiglio della Comunità approvava tale proposta.
L’impresa si prefigurava impegnativa e onerosa per le difficoltà economiche in cui versava il Ducato, ma grazie all’appoggio popolare che riscuoteva, vi fu un impegno diffuso per portarla a compimento. Si cominciò a pensare al progetto e a chi affidare il lavoro e la scelta cadde su Prospero Mattioli, architetto reggiano che ideò una chiesa a croce latina con tre navate e un transetto accompagnato da due altari laterali. Una grande cupola caratterizzava il punto di incrocio fra la navata principale e il transetto.
Che al progetto definitivo si sia arrivati faticosamente, risulta da una relazione del 5 agosto 1693 in cui si rende noto che il “capomastro” Prospero Mattioli chiedeva che fosse finalmente sottoscritto, consegnato e approvato dal Duca “il dissegno della fabrica per non più variare”. Il documento però accenna anche ai primi stanziamenti con dare inizio alla costruzione della chiesa: 490 scudi, “denari delle condanne”, venivano dal Duca; i “denari della cassetta della fabbrica” donati dai fedeli ammontavano a 45 scudi e infine 1.015 scudi provenienti dalle altre offerte. Sempre dal Duca si pensava di ottenere il terreno su cui erigere la chiesa oltre a buona quantità di legname e mattoni. Il Consiglio della Comunità aveva inoltre deliberato di fare una “cerca” o questua per la città e la campagna circostante. La posa della prima pietra avvenne il 20 agosto 1693.
La costruzione comunque non procedette sempre spedita, ma subì diverse interruzioni a causa dei problemi economici che affliggevano il Ducato, provocati anche dalla guerra di successione spagnola in cui i duchi di Mantova e di Guastalla si trovarono di nuovo in conflitto. Molti e diversi oggetti venivano donati dai fedeli; quelli di non immediato impiego venivano venduti: fra il febbraio del 1695 e il febbraio del 1698 se ne ricavarono ben 6.788,19 lire. Nel 1699 fu Carlo Gabrielli di Brugneto a donare collane, croci, anelli d’oro, gioielli con pietre, argenteria e abiti, oltre a una somma di denaro da impegnare per la realizzazione di una cappella laterale della chiesa
All’inizio del 1701 la struttura portante poteva considerarsi finita, tanto che si cominciò a pensare alla realizzazione e all’ornamento degli altari: le pale da porre alle estremità del transetto furono commissionate al fiorentino Filippo Maria Galletti. La realizzazione e finitura a stucchi del ciborio dell’altare maggiore fu affidata ai comaschi Michele e Carlo Costa e Antonio Ferraboschi.
Tuttavia prima di giungere all’apertura definitiva del Santuario si dovette attendere il 1° luglio 1703 quando ormai il Santuario era ultimato nelle sue parti principali quantunque restassero ancora da completare la decorazione interna, la pavimentazione in marmo del presbiterio e gli altari laterali minori.
Continua a leggere l’articolo su “La Libertà” del 19 febbraio