Fede, speranza, carità… In tanti da piccoli abbiamo imparato al catechismo che queste erano le virtù teologali. E chi ha letto la Divina Commedia sa che nel paradiso Dante verrà interrogato su queste virtù in tre canti differenti. Userei queste tre virtù per descrivere anche la testimonianza che ha lasciato padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo in Siria, nei due giorni trascorsi a Montecchio, dove ha fatto una testimonianza pubblica nel salone dell’oratorio, ha visitato le scuole e ha parlato con i giovani universitari. Una due giorni, il 27 e il 28 gennaio, nata dal gemellaggio, la scorsa estate, tra il nostro oratorio estivo e quello aleppino.
La fede è ciò che in questi anni di sofferenze e guerre gli ha permesso di accettare tutte le sfide che la vita e la realtà di tutti i giorni gli lanciano, cogliendole non come dannazioni ma come occasioni. Lui stesso ci ha testimoniato che il coraggio che ha avuto in certi momenti, come quando ha accettato di andare ad Aleppo o quando una bomba è esplosa sulla chiesa mentre si celebrava l’eucaristia, non veniva da lui ma dallo Spirito Santo che soffiava dentro di lui. Non è infatti la fortezza un dono dello Spirito?
Una fede, quella di padre Ibrahim, ancorata nella relazione con Gesù e che, come ogni relazione, va continuamente nutrita. Da qui una gioia incontenibile negli occhi e nelle parole del parroco francescano che si rivolgeva a tutti con un grande sorriso. Una fede che allora diventa l’ingrediente per affrontare la vita, ma soprattutto che diventa ciò che orienta la vita, dandole quindi senso di marcia.
Leggi il resto dell’articolo di Leonardo Mammi su La Libertà del 5 febbraio