Chi si accosta alla lettera pastorale del Vescovo sulla liturgia rimane subito colpito dal fatto che il primo capitolo, il più lungo, è dedicato al senso teologico della liturgia. Non si parte dalle cose da fare, ma da ciò che la liturgia è. Ecco allora che troviamo nella prima parte della lettera alcuni concetti presi dai documenti recenti del magistero (la Costituzione Sacrosanctum Concilium del Vaticano II, l’introduzione al Messale Romano, l’introduzione alla Liturgia delle Ore), che esprimono la tradizione più bella e profonda della Chiesa.
Ci è detto per esempio che la liturgia “trova la sua primissima origine nel canto di lode e di ringraziamento che il Figlio rivolge al Padre nello Spirito Santo” (p. 15). Alla base di ogni azione liturgica c’è quindi l’amore eterno che lega il Padre e il Figlio, nello Spirito Santo, all’interno della Trinità divina. Questo amore ci è stato fatto conoscere attraverso Gesù, ma Dio ha voluto che anche noi ne fossimo coinvolti, ne divenissimo partecipi. Quindi la liturgia esiste per coinvolgere gli uomini in questo rapporto di amore, per unirli a Gesù, rendendoli, come lui, figli del Padre celeste, consapevoli di quanto il Padre li ama e capaci di amarlo con un amore di riconoscenza.
Ecco perché il sottotitolo della lettera è “Dialogo salvifico tra Dio e l’uomo nell’eterno e nel tempo”: gli atti liturgici permettono agli uomini di essere coinvolti nella storia della salvezza. Dio, che è eterno, è entrato nella storia del mondo, attraverso Gesù, affinché il mondo entrasse in Dio; quindi “la liturgia non è semplicemente un ricordo della storia della salvezza. Essa è il momento della sua attuazione” (p. 24). L’esito della liturgia, che è fatta di “segni” (cfr. p. 33), non è tanto l’atto liturgico stesso, ma la graduale e progressiva trasformazione dell’essere umano, fino a coinvolgere “tutta l’esistenza vissuta come lode, supplica, offerta di sé, domanda di perdono che il Popolo di Dio rivolge al Padre, unendosi alla vita che il Figlio ha vissuto e vive nello Spirito” (p. 13). In pratica l’intera esistenza del credente è chiamata a trasformarsi in un atto di amore, ma ciò non avviene attraverso degli sforzi fatti da noi (non riusciremmo mai a raggiungere l’obiettivo), ma attraverso un’azione di Cristo, che ci trasforma a sua immagine; e questo avviene proprio attraverso la liturgia.
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