La falsa pietà

Il 25 settembre del 2019 la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza numero 242 con la quale ha 31dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale “…nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della L. 22.12.2017 n. 219 (la legge sulle DAT)… agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenza fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili…”.

Sostanzialmente la Corte ha dichiarato che non è punibile e, pertanto, è legittimo il comportamento di colui che collabora positivamente al suicidio di una persona, purché siano rispettate alcune condizioni di natura soggettiva, cioè legate alle condizioni del paziente, ed oggettiva, riferite alle modalità di espressione e raccolta del consenso dell’aspirante suicida.

Ma al di là delle limitazioni, delle belle parole, delle sofisticate argomentazioni giuridiche con cui la Corte ha giustificato la sua decisione, di fatto è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico, per via giudiziaria, il “diritto a morire”.
Si noti, non si è ancora giunti, ma temo che presto ci arriveremo, alla teorizzazione ed al riconoscimento totale dell’incondizionato “diritto” dell’uomo al suicidio e alla morte per mano di terzi, così come teorizzato per primo da Hernest Haekel (1834-1919), le cui aberranti teorie che vedevano nel suicido il supremo atto umano liberatorio e che sosteneva l’eliminazione dei bambini che recavano in sé alla nascita tare invalidanti, hanno avuto purtroppo un’enorme influenza sia in Europa che in America.

Leggi il resto dell’articolo di Emilio Ricchetti su La Libertà del 29 gennaio

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