Il gaucho degli alpaca a Marola

La prima volta che ho intravisto un alpaca in un recinto dalle parti di Marola, temevo fosse un abbaglio generato dalla calura. Invece no. Dopo ripetuti stropicciamenti di occhi, l’animaletto andino era ancora lì. Dovevo insomma arrendermi all’idea che, a pochi passi da me, un bell’esemplare mi stesse fissando brucando serenamente.
Oggi vi raccontiamo dunque la storia del ragazzo che ha avuto l’idea di allevare alpaca accanto ai castagneti in cui vagava l’eremita Giovanni: Francesco Pastorelli.

Paradossalmente, questa scommessa di vita e di lavoro decisamente sui generis, parte da un altrettanto eccentrico punto di vista sulla contemporaneità. Francesco ed il suo amico Tommaso infatti, pur essendo ragazzi di oggi, si sono lanciati in quest’avventura con lo scopo di “valorizzare il luogo in cui viviamo e in cui vorremmo restare”.
Si sono rimboccati le maniche e si sono messi ad imparare – e lo stanno ancora facendo, per loro stessa ammissione – tutto del mondo degli alpaca, della loro cura, delle loro potenzialità.

Gli alpaca, duttili tanto come animali da compagnia quanto da produzione, sono certamente inconsueti per questi luoghi.
Eppure, non è così peregrina la possibilità pratica e tecnica di allevarli in medio Appennino, come ci spiega Francesco con competenza e semplicità.
Al di là dei pregi delle fibre del loro pelo, gli alpaca, nei progetti dei due allevatori in erba, potrebbero giocare un ruolo chiave anche nel turismo legato a questi territori.

Leggi il resto dell’articolo di Chiara Torcianti su La Libertà del 29 gennaio

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