Cattolici reggiani e politica

Gianluca Nicolini ed Ottavia Soncini tornano sul Discorso del Vescovo

Il cattolico impegnato in politica è innanzitutto un testimone, un creatore di legami, un costruttore di ponti tra diversi ambiti della società, una persona che sviluppa la cultura dell’incontro e del dialogo e che si fa prossima e vicina in primo luogo a chi è fragile. Il fine ultimo è l’uomo, la persona umana, il suo bene e la sua felicità. La costruzione di una società più solidale e giusta sono gli strumenti, la strada. C’è un enorme bacino valoriale e culturale da preservare e manutentare, a partire dal (ri)posizionare il valore della vita al centro del vivere civile, dal concepimento fino alla morte, con un cardine fondamentale rappresentato da una politica di aiuto alle famiglie e alle nascite, temi da cui scaturisce un’intera idea di civiltà.
Altro valore basilare è il lavoro, che avendo a che fare con la dignità della persona ha inevitabilmente a che fare con la vita.

Il primo pensiero della giornata per un cattolico impegnato in politica non può che essere diretto al lavoro; senza lavoro crescono la povertà e le disuguaglianze. Lavoro vuol dire anche e soprattutto impresa, verso cui dobbiamo manifestare sincera vicinanza e prendere l’impegno scritto sul marmo di semplificare le procedure amministrative e quel groviglio di pratiche e di norme che rendono difficile la realizzazione di ogni progetto.

Leggi il testo integrale dell’intervento di Ottavia Soncini su La Libertà del 18 dicembre

“Quid est veritas?” (Gv. 18:38). Ho sempre trovato affascinante che la domanda cardine di tutto il Nuovo Testamento sia stata pronunciata da un politico, un “gentile” lontano dalla tradizione mosaica, il cui nome sarà ricordato dal popolo cristiano sino alla fine dei tempi: “crucifíxus étiam pro nobis sub Póntio Piláto”. L’incontro tra il Signore e Pilato è emblematico, a tratti commovente. Due mondi antitetici uno di fronte all’altro che incrociano le proprie esistenze sullo sfondo di un regolamento di conti interno al Popolo eletto che Roma aveva soggiogato con la forza. Il funzionario imperiale è un cinico opportunista: teme il giudizio di Cesare e teme di sporcare la propria carriera, tuttavia, è libero dall’odio confessionale che attanaglia i Sacerdoti d’Israele. Capisce che chi ha davanti è un uomo vero: per questo il Signore gli parla. Così Gesù non farà con Erode o con i Sacerdoti che lo bestemmieranno sulla Croce.

Continua a leggere il testo dell’intervento di Gianluca Nicolini su La Libertà del 18 dicembre

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