Ricordo di un autunno lontano

Autumn, fall landscape in park. Colorful leaves, sunny blue sky.

Il sole caldo dell’estate non era che un lontano ricordo e le prime foschie mattutine preannunciavano l’arrivo di giornate grigie. Le vigne spoglie e silenziose si coloravano giorno dopo giorno di tinte calde e vivaci ravvivando una campagna che stava intristendo giorno dopo giorno.
Le lunghe ombre dei filari smagriti si stendevano sopra il verde dei prati senza fiori, nelle zone più umide spuntavano i primi funghi. Nel vicino campo i fusti di granturco, spogliati delle preziose pannocchie, avevano rotto le righe ed ora si presentavano in disordine, come soldati senza comando. Tempo di semina. I terreni arati erano stati trasformati già da tempo in una piatta distesa grigia e indistinta ed ora stavano ricevendo il seme che a giugno avrebbe regalato di nuovo un mare dorato di spighe, il pane di ogni giorno.

Brandelli di nubi leggere passavano veloci nel cielo terso e le prime folate di vento di maestrale facevano oscillare i rami impalliditi degli olmi che non opponevano più resistenza.

Il gracchiare sgarbato delle cornacchie spaventò una brigata di piccoli uccelli che, volando da un cespuglio all’altro, compivano la loro migrazione inosservata. Cadevano le foglie a folate. Era l’autunno che con il suo passo felpato avanzava silenzioso, accarezzava i filari di pioppi, affrontava i rovi spinosi senza farsi male. Le giornate si erano fatte più brevi, ma piene di luce, una luce chiara ed avvolgente che penetrava nel buio delle siepi, faceva luccicare l’acqua, del fosso, illuminava le facciate dei casolari rivolti a mezzodì, e risplendeva sulla fronte degli uomini che, distratti, spesso non ne coglievano il fascino.

Continua a leggere tutto l’articolo di Giuliano Lusetti su La Libertà del 4 dicembre

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