Siria: è ancora emergenza umanitaria

È iniziato il 5 novembre il secondo pattugliamento militare congiunto di Turchia e Russia nel nord della Siria, a est del fiume Eufrate, come previsto dagli accordi siglati dai presidenti Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin il 22 ottobre a Sochi per porre fine all’offensiva turca contro i curdi. L’intesa Ankara-Mosca prevede che i pattugliamenti avvengano fino a 10 km entro il territorio siriano a est e ovest dell’area sotto il controllo esclusivo della Turchia, cioè i 120 km di frontiera compresi tra Tal Abyad e Ras al Ayn, per accertare il ritiro delle milizie curde dalle zone di confine.

Cominciata il 9 ottobre con i primi bombardamenti dell’aviazione turca sulle cittadine di confine, l’offensiva turca denominata “Sorgente di pace” ha provocato un’emergenza umanitaria che padre Antonio Ayvazian, il parroco armeno-cattolico di Qamishli, città siriana al confine con la Turchia teatro di diversi scontri tra curdi e turchi, quantifica al Sir in “circa 160 mila sfollati interni siriani fuggiti soprattutto dai villaggi della regione di Tal Abyad e Ras al Ayn” “e da altre zone di confine. La maggior parte è arrivata a Qamishli e ad Hassakè. Qui sono stati ospitati da altre famiglie, la maggioranza nelle scuole, pubbliche e private come quelle cristiane, dove ricevono tutta l’assistenza necessaria”.

“Non abbiamo messo in piedi tendopoli – spiega il sacerdote che è anche vicario della comunità armeno-cattolica dell’Alta Mesopotamia e della Siria del Nord – perché nelle scuole hanno tutto ciò di cui hanno bisogno, acqua, bagni, e un tetto sulla testa. Per liberare le aule necessarie le scuole hanno accorpato le classi. Gli spazi dei nostri conventi sono stati convertiti in aule”. Sin dai primi giorni dell’offensiva turca la Chiesa cattolica armena locale è in prima linea nell’aiuto agli sfollati fornendo in particolare assistenza sanitaria.

Continua a leggere tutto l’articolo di Daniele Rocchi su “La Libertà” del 20 novembre



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