Mirabilia. Plastic tax e plastic free

Mia nonna mi diceva spesso due cose: prima di parlare bisogna ascoltare e c’è modo e modo di dire le cose. Sappiamo tutti che l’arte della diplomazia non appartiene ai bambini, che ancora non hanno subìto il condizionamento sociale e morale delle regole del buon vivere e della buona educazione, ed io ero una bambina molto vivace. Queste, credo siano state le mie prime lezioni di comunicazione a cui, in tanti e felici anni trascorsi accanto ai miei nonni, ne sono seguite molte altre che, per certi aspetti, sono valse più di anni di studi e corsi specifici per la professione.

Recentemente sui giornali e sulle televisioni abbiamo assistito a un nuovo caso di errata comunicazione di una proposta di provvedimento legislativo, nell’ambito della Legge Finanziaria 2020, che presenta ampi aspetti positivi per l’economia e per il Paese, ma che, a causa di una errata gestione della sua comunicazione, ha generato polemiche e scatenato il malcontento di diverse categorie sociali, oltre ad aver creato preoccupazione nei consumatori finali, quindi nei cittadini.

Vista in un’altra ottica, appunto quella dei consumatori finali e dei cittadini, è anche corretto affermare che oggi non mancano gli strumenti per informarsi, approfondire, capire. Ma a volte è come se tutta questa tecnologia, questo continuo bombardamento di informazioni, questa connessione universale fossero soltanto giostre di un grande “luna park delle reti” su cui navigare, divertirsi e perdere la grande e autentica opportunità di conoscenza che ci deriva dall’avere, in pochi secondi, la velocità di un clic, una quantità di informazioni in formato pocket, direttamente sul display del nostro telefono cellulare.
In mezzo a tutto questo, si insinuano gli interessi di parte, le logiche economiche, il potere delle lobby e chissà cos’altro.

Cerchiamo allora, seguendo alcuni passaggi logici, di riportare nell’alveo dell’oggettivà la già famosa “tassa sulla plastica”, contenuta nella recente bozza della manovra economica allo studio del Governo. Per farlo occorre partire dalle direttive europee che il nostro Paese è chiamato a recepire.

Continua a leggere tutto l’articolo di Valeria Braglia su “La Libertà” del 13 novembre

 

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