Sulla discussa sentenza della Consulta, pubblichiamo l’intervento del nostro Vescovo.
Vescovo di questa terra e membro del Collegio dei Vescovi, sento il dovere di intervenire a proposito del recente pronunciamento della Corte Costituzionale, datato 25 settembre 2019, in merito all’impunibilità, a certe condizioni, dell’aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita. Una nota della Conferenza Episcopale Italiana esprime “sconcerto e distanza da quanto comunicato dalla Corte”. Nella giornata di venerdì, il Cardinale Gualtiero Bassetti, ha parlato di “profondo turbamento”. Siamo ancora in attesa delle motivazioni di questa decisione, ma fin da ora è doveroso cominciare a riflettere sulle conseguenze culturali ed esistenziali che questa questione, tutt’altro che marginale, porta con sé.
L’intervento della Corte Costituzionale mette in discussione il fatto che la vita umana, a partire dal suo concepimento fino alla morte naturale, sia e rimanga, in ogni sua fase, un dono. Essa non è mai qualcosa di cui l’uomo può disporre liberamente ed arbitrariamente. Sì, la vita è un dono: questa è la verità primaria che continuamente dobbiamo riaffermare. La vita ha un’inviolabile dignità che non spetta a noi spegnere: questa è la verità supremamente laica, riconosciuta dalla nostra Costituzione repubblicana all’art. 2, così come dalla “Dichiarazione dei Diritti dell’uomo” del 1948 all’art. 3.
Certamente i credenti sono confermati in questa certezza dal messaggio del Vangelo. Ma non è necessario credere alla rivelazione biblica per affermare che la vita è un dono, un mistero.
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