Università tra nuovi iscritti e corruzione

“Università bandita”: così è stata denominata l’operazione che ha decapitato l’Ateneo di Catania e incriminato decine di docenti in giro per l’Italia per un sistema di concorsi predeterminati. Ovviamente tutto dovrà essere verificato nei competenti gradi di giudizio, ma è evidente che ancora una volta un importante apparato, ieri la magistratura, oggi l’università – e non è la prima volta – è chiamato in causa per comportamenti corruttivi. Certo dei singoli, ma che echeggiano un sistema. Proprio quando centinaia di migliaia di ragazzi stanno compiendo la scelta del corso universitario, una delle tappe decisive per il percorso di vita.

E allora può essere un momento opportuno per porsi una domanda scomoda: qual è il posto dell’università, oggi, in Italia e nei grandi Paesi avanzati. Pochi giorni fa è stato celebrato a Bologna, la prima università del mondo, fondata nel 1088, il ventesimo anniversario del cosiddetto processo di Bologna, che ha definito un circuito europeo di riconoscimento degli studi superiori. Ma con quale obiettivo?
Già, perché l’Università non è una super scuola: certo si deve responsabilmente porre il problema degli sbocchi professionali, ma vuole esser qualcosa di più, il luogo di trasmissione di un sapere che innova, un sapere critico, ambizioso. Per questo, nella sua radice medioevale (ed ecclesiale), l’università è una comunità, un corpo che forma, educa. Cosa questo significhi nel ventunesimo secolo è una domanda decisiva, ma elusa.

Leggi tutto l’articolo di Francesco Bonini su La Libertà del 10 luglio

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