Rolando Rivi, storia e martirio

Padre Maffucci: «Un amico che ci indica ciò che veramente conta nella vita»

Ecco la seconda e ultima parte dell’intervista realizzata dal giornalista polacco Wlodzimierz Redzioch, per il settimanale cattolico polacco Niedziela (La Domenica), a padre Antonio Maffucci, Assistente spirituale del Santuario diocesano del Beato Rolando Rivi Martire. La prima parte dell’intervista è stata pubblicata su La Libertà del 26 giugno, a pagina 12.

Padre Antonio, come è cambiata la vita di Rolando in seguito all’ occupazione tedesca e all’attività dei partigiani “rossi”?
Rolando è stato vittima delle due “grandi ideologie del male” del secolo scorso, come le ha definite san Giovanni Paolo II: il nazismo e il comunismo. Nell’estate del 1944 i nazisti occuparono il seminario di Rolando a Marola, in provincia di Reggio Emilia, per farne una base militare lungo la “Linea gotica”. Le attività di quel luogo di formazione religiosa furono bruscamente interrotte sino alla fine della guerra. Tornato a casa Rolando decise però di continuare a studiare e a fare vita da seminarista vestendo sempre l’abito talare. Questa scelta però era diventata pericolosa perché in alcune formazioni di partigiani, in particolare sull’Appennino reggiano e modenese, si era affermata l’ideologia comunista. Queste formazioni partigiane “rosse” avevano maturato il progetto di fare della fine della guerra non il ritorno alla pace e alla libertà (come desideravano i partigiani cattolici amici di Rolando), ma l’inizio di una rivoluzione violenta per affermare, con la forza delle armi, la dittatura del proletariato in Italia. Di questo progetto faceva parte anche la volontà di cancellare Dio dalla storia e dal cuore dell’uomo, eliminando i più ardenti e coraggiosi testimoni della fede. Rolando fu ucciso perché testimoniava Cristo in modo così umanamente affascinante da attirare gli altri ragazzi all’esperienza cristiana e questo l’ideologia comunista non poteva sopportarlo.

Perché Rolando, anche fuori dal seminario, ci teneva tanto a portare la veste talare?
Rolando amava la sua veste talare da seminarista e non se ne spogliava mai, neanche durante le partite a pallone o quando si arrampicava sugli alberi, perché era il segno visibile della sua appartenenza al Signore e alla sua Chiesa.

Cosa sappiamo della dinamica dell’assassinio del seminarista?
Rolando fu sequestrato da due partigiani comunisti la mattina del 10 aprile 1945, mentre, dopo essere stato alla santa Messa nella Pieve di San Valentino, stava studiando da solo ai margini di un boschetto, poco lontano da casa. Privato della libertà e sotto la minaccia delle armi, fu condotto a Piane di Monchio (MO), dove la formazione partigiana, cui appartenevano i due sequestratori, si era acquartierata, in un casolare isolato. Qui il giovane seminarista, ingiustamente accusato, fu insultato, frustato, torturato, seviziato. Infine, venerdì 13 aprile 1945, alla tre del pomeriggio, lo stesso giorno e la stessa ora della morte del Signore, dopo essere stato spogliato a forza della sua veste talare che tanto amava, fu condotto in un bosco vicino al casolare. Quando Rolando capì che i suoi sequestratori non avrebbero avuto pietà, chiese di pregare per il suo papà e la sua mamma. Mentre in ginocchio pregava, il commissario politico di quella formazione partigiana, l’uomo incaricato di indottrinare gli altri all’ideologia comunista, gli sparò due colpi di pistola, uno alla testa e uno al cuore.

Continua a leggere l’articolo di Wlodzimierz Redzioch su La Libertà del 3 luglio

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