Pupi Avati si racconta fra le vigne

“Chi beve solo acqua, ha un segreto da nascondere” ha detto una volta il francese Charles Baudelaire. E siccome il regista Pupi Avati di cose da nascondere proprio non ne ha, non ci ha pensato molto per accogliere l’invito a raccontarsi in pubblico, soprattutto perché quell’invito gli veniva fatto dall’azienda Medici Ermete, che di vino, pluripremiato fra l’altro, ne produce da ben 75 anni.

L’incontro si è svolto lo scorso sabato 8 giugno in quella splendida cornice che è la “Tenuta la Rampata”, dove da alcuni anni la ditta Medici organizza eventi nell’ambito del progetto “Medici per il territorio”, con l’obiettivo di fare cultura e creare dibattiti attraverso l’incontro con personalità di rilievo.

Il racconto del regista bolognese inizia dalla sua infanzia, piena di quella paure che l’immaginazione dei bambini ingigantivano, alimentate dalle persone adulte che intendevano così, e credo a ragione, tenerli lontano dai pericoli. Ascoltarlo è un piacere: le sue storie sono così piene di particolari, che se chiudi gli occhi ti sembra di leggere la sceneggiatura di un film. Come quando racconta l’incontro con la futura moglie Nicola, che lui definisce “la storia più bella della mia vita”.

Dopo una festa sulle colline di Bologna la accompagna a casa per la prima volta: “Avevo cinque chilometri di tornanti per scendere in città e per convincere questa ragazza bellissima che aveva finalmente trovato l’essere umano più intelligente e fantasioso che c’era”. Dopo un viaggio nel silenzio e nella fissità, in cui non viene detta nemmeno una parola, la piccola Cinquecento arriva davanti a casa della ragazza e ci si deve salutare: che fare… ad Avati arriva l’illuminazione.

Continua a leggere tutto l’articolo di Giuseppe Maria Codazzi su La Libertà del 19 giugno

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