Messaggio all’Europa il viaggio di Papa Francesco in Romania, a venti anni dalla visita compiuta da san Giovanni Paolo II e a trenta anni dalla fine dei regimi dell’Est. Il prossimo 9 novembre ricorderemo la caduta del muro di Berlino, che per quasi trenta anni ha tagliato in due il vecchio continente: “dolorosa divisione” la definì nel giugno 1996 a Berlino Papa Wojtyla. Una porta murata, disse, per paura della libertà.
Proprio questo termine, libertà, è una delle parole simbolo del viaggio, appena concluso, di Papa Francesco. Libertà che si coniuga con la volontà di dialogo, con la capacità di accogliere l’altro, diverso per cultura e religione; ma proprio nei suoi mille volti è la ricchezza di un popolo. Di qui l’invito, anzi la preghiera, che formula parlando ai giornalisti nell’aereo che lo riporta in Vaticano: “Ai credenti dico: pregate per l’Europa. Ai non credenti chiedo l’augurio del cuore, la buona volontà, il desiderio che l’Europa torni a essere il sogno dei padri fondatori”; i quali “desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente”, come disse nel suo discorso al Parlamento di Strasburgo, il 25 novembre 2014.
Ogni paese “ha una propria identità e deve custodirla”, ma il continente non deve lasciarsi “vincere da pessimismo e dalle ideologie” dei gruppetti; no a nuove frontiere, no all’Europa divisa: “impariamo dalla storia, non torniamo indietro”.
Le radici sono importanti, dice ai giovani incontrati a Iasi, perché “non siamo esseri anonimi, astratti, esseri senza volto, senza storia, senza identità”.
Leggi tutto l’articolo di Fabio Zavattaro su La Libertà del 12 giugno