Letteratura ecologica

C’è una “via letteraria” alla educazione ecologica? Se ci fosse, potrebbe costituire la premessa, o il completamento, di un progetto scolastico rivolto all’ambiente.
Iniziamo con una definizione: un’opera letteraria dai contenuti ecologici sarebbe quella che spiegasse – non importa se in forma realistica o fantastica – il funzionamento di un ecosistema (e quindi le reciproche influenze dei fattori fisici e chimici con quelli biologici) nonché gli squilibri arrecati, all’interno del sistema, dalla scomparsa o dalla alterazione di un elemento.

Purtroppo le opere letterarie dai contenuti ecologici sono molto poche; e viene così a mancare un contributo importante all’educazione ambientale.
Gli scrittori, in genere, hanno formazione letteraria e poco interesse per le questioni naturali.
Ma ci sono alcune eccezioni, decisamente straordinarie: ad esempio Il segreto del Bosco Vecchio di Dino Buzzati o La collina dei conigli di Richard Adams.

Il segreto del Bosco Vecchio

Il romanzo di Dino Buzzati risale addirittura al 1935. Si tratta di un autentico gioiello della letteratura fantastica, ma, purtroppo, meno noto di altre opere dello scrittore.
Molti episodi e personaggi si prestano a riflessioni ecologiche, a cominciare dal Bosco Vecchio dove ogni abete è abitato da un genio che si manifesta anche sotto forma di animale o di uomo…
La parte più interessante, per il nostro tema, è quella centrale (contenuta nei capitoli 24-29 e soprattutto 27-29): qui “una densa nuvola di piccole tozze farfalle bianchicce”, scatenata da un misterioso carrettiere, invade il Bosco Vecchio.

“Le bianche farfalle portate il 26 luglio dal misterioso carro avevano impestato la foresta di uova, le uova avevano aspettato il caldo ed ora infiniti bruchi tra il verde e il giallo sciamavano su per i rami”.
I bruchi danno l’assalto alle foglie e stanno letteralmente distruggendo la vecchia foresta quando, a loro volta, vengono assaliti da un esercito di icneumoni. “Erano insetti sottili, con le ali trasparenti, la corporatura slanciata. Le femmine, che nella schiera erano più numerose, portavano un lungo pungiglione a mo’ di coda. (….) La caccia durò selvaggia per qualche giorno”.

Leggi tutto l’articolo di Antonio Petrucci su La Libertà del 5 giugno

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *