Ghiara: devozione antica e nuova

Ghiara: da vedere insieme le mostre nel Chiostro dei Servi di Maria

Dedichiamo la copertina di questo quinto speciale de La Libertà nel Giubileo della Ghiara a una protagonista indiscussa della storia di Reggio, anche che se raramente ama farsi vedere: la devozione per la nostra Madre celeste.
Se n’è avuta una confortante testimonianza pubblica la sera del 31 maggio scorso, con il pellegrinaggio diocesano di cui parliamo all’interno (si veda alle pagine 14 e 15). Come già se n’era avuta un’altra, andando indietro appena di due anni – era il 13 maggio 2017 – allorché il vescovo Massimo consacrò la nostra terra al Cuore Immacolato di Maria.

D’altra parte se la Basilica della Ghiara esiste è perché un popolo, il popolo di Dio, ha fortemente voluto che venisse costruita per ospitare la famosa Immagine sacra della Vergine in adorazione del Figlio. Grazie alle donazioni dei cittadini, la prima pietra venne posata nel giugno 1597 su disegno dell’architetto Alessandro Balbo. E tanti oboli e lasciti seguirono, completando con l’andare del tempo un’opera straordinaria non solo dal punto di vista architettonico, ma ancor più perché ci offre una Bibbia dipinta, una catechesi che con il nuovo impianto illuminotecnico, sul finire dell’estate, avremo la fortuna di poter contemplare molto meglio rispetto ai nostri avi di quattro secoli or sono.
Era certamente profondo l’amore per la Beata Vergine dei nostri concittadini che il 12 maggio 1619 accompagnarono in massa la traslazione dell’Immagine miracolosa verso il nuovo tempio non ancora ultimato ma già pronto a riceverla come cuore pulsante.
Ed è difficile avventurarsi in comparazioni tra la Chiesa di allora e quella di oggi. Numericamente è probabile che noi, reggiani del 2019, perderemmo il confronto. Sarebbe però certamente errato sbrigare la faccenda solo aggiungendo una riga alla lunga lista dei lamenti da secolarizzazione.

La fiamma della devozione mariana, per quanto fumigante, resta accesa sotto le ceneri di quella “religiosità” che tanto urta il laicismo relativistico. E non si misura solo dalle conte ufficiali, in occasione di eventi solenni, ma anche dalle confessioni e dalle conversioni silenziose, dai ceri accesi fugacemente per un amico ammalato, dalle soste silenziose in preghiera, dalla “peregrinatio Mariae” con l’icona della Ghiara nelle unità pastorali, dai Rosari recitati nei cortili e nelle case in un maggio mai così piovoso, dalla catena di Ave Maria mandate a memoria e sussurrate da anziani e infermi come da genitori inquieti o da studenti che, stanchi e un po’ tremanti, vanno incontro ai primi esami della loro carriera. E potremmo continuare a lungo.

Leggi il testo integrale dell’articolo di Edoardo Tincani nello Speciale Giubileo su La Libertà del 5 giugno

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