«Evangelizzazione», «primo annuncio», «testimonianza»: nuovo marketing oppure rinascita ecclesiale?

Nel percorso di queste pagine mensili della Scuola Teologica Diocesana (STD), quest’anno dedicate al tema della Chiesa, diamo la parola a don Stefano Borghi, docente di Teologia Pastorale e Catechetica, oltre che direttore dell’Ufficio Catechistico.

Parole magiche o generative?

Come in tanti ambiti della società e della cultura, anche nella comunità ecclesiale di tanto in tanto compaiono parole chiave che assumono preminenza rispetto ad altre, parole chiave ripetute quasi come un mantra per indirizzare le scelte pastorali. Ogni slogan ha certamente un effetto comunicativo immediato e una capacità evocativa efficace, con il rischio tuttavia che dietro/dentro al risuonare di queste parole magiche non si sappia bene cosa intendere concretamente. Una eventualità tutt’altro che infondata è che si diffondano parole nuove – a prima vista portatrici di grandi promesse – ma che poi si rivelano incapaci – da sole – di promuovere una trasformazione ecclesiale.

“Evangelizzazione” è una di queste parole. Accompagna dagli anni Settanta la riflessione dei documenti magisteriali; ricorre di frequente tra gli argomenti di chi, insofferente della situazione stantia della pastorale parrocchiale, auspica un vigoroso rinnovamento; compare talvolta come rivestimento della nostalgia per i bei tempi andati che la secolarizzazione avrebbe violentemente spazzato via. Ma che cosa dobbiamo intendere con questo termine? Come è mutato nei decenni il suo significato nella coscienza ecclesiale? In che direzione dovrebbe provocare le nostre comunità? Ad essa si collegano facilmente altre due espressioni, “primo annuncio” e “testimonianza”: anch’esse corrono lo stesso rischio, quello cioè di essere citate con facilità (soprattutto dagli addetti ai lavori) ma con una non chiara consapevolezza degli elementi in gioco.

Evangelizzazione, una svolta

Pietra miliare della storia recente di “evangelizzazione” fu l’Esortazione apostolica di Paolo VI Evangelii Nuntiandi (1975), che passò decisamente da un senso ristretto e circostanziato ad un senso ampio e fondante di questa parola.
Il senso ristretto e circostanziato, in uso esclusivo fino agli anni Settanta, identificava l’evangelizzazione con quell’arco di tempo determinato in cui il non cristiano, adeguatamente istruito, sceglie di aderire alla fede. In linea con questo significato, nell’attuale Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti “evangelizzazione” è sinonimo di “precatecumenato” e indica “il tempo che con fiducia e costanza annuncia il Dio vivo e colui che egli ha inviato per la salvezza di tutti, Gesù Cristo. 

Continua a leggere tutto l’articolo di Stefano Borghi su La Libertà del 15 maggio



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