Tra i più piccoli di Betlemme

Il progetto dell’Azione Cattolica «Al vedere la Stella…» e la Casa d’accoglienza ove si curano bambini disabili

Piccola grande storia di bene “giovane”: questo mese Sabrina Aldini, 20 anni, di Bagnolo, studentessa del secondo anno del corso di laurea in Scienze dell’Educazione all’Università di Reggio, ha trascorso dieci giorni a Betlemme come volontaria all’Hogar Niño Dios, una casa di accoglienza per bambini disabili, abbandonati o in grave necessità, gestita dalle suore del Verbo Incarnato. Già parlare di Verbo Incarnato a Betlemme è qualcosa di naturale e logico, nell’ottica della fede. L’Hogar Niño Dios, poi, è il prolungamento quasi fisico della Basilica della Natività, in un rapporto molto stretto fatto di culle, di pianti di bambini e di preoccupazioni per la crescita.

Oltretutto il tramite che ha reso possibile l’esperienza internazionale a Sabrina e ad altri giovani come lei – del suo stesso turno facevano parte anche Marta Antonini di Rimini e Davide Barra di Salerno – si chiama non a caso “Al vedere la Stella…”, un progetto di servizio che l’Azione Cattolica Italiana ha scelto come segno per ricordare il suo centocinquantesimo anno di vita. Infatti Sara, oltre a essere impegnata in parrocchia come catechista di un gruppo di terza superiore, nonché molto attiva fra doposcuola d’oratorio, centri estivi e campeggi, è educatrice di Ac, a livello sia di unità pastorale bagnolese che diocesano. Sta di fatto che dal luglio 2017 a oggi, ogni tre settimane circa sono andati in Palestina dai 3 ai 5 volontari, in alternanza tra Azione Cattolica e Unitalsi, e il progetto continuerà senz’altro fino a dicembre di quest’anno.

“Nell’autunno scorso – racconta Sabrina – ho saputo del progetto dell’Azione Cattolica dalla mia educatrice Elena Oleari, tramite un post pubblicato su Facebook. Il giorno stesso ho scritto una mail informativa e don Tony Drazza, l’assistente nazionale Ac per il settore Giovani, mi ha risposto che in marzo 2019, come avrei desiderato, per me ci sarebbe stata la disponibilità, così ho avviato le pratiche per la partenza: ero già propensa a provare un’esperienza missionaria ma fino a quel momento mi ero fermata davanti al fatto che altre proposte prevedevano di trascorrere all’estero alcuni mesi e alla difficoltà di conciliarle con gli studi, invece questa era un’occasione pazzesca: dieci giorni a contatto con dei bambini, in Terra Santa e per di più con la mia associazione”.

Continua a leggere tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 27 marzo

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