Concilio, Sinodo: questione di ricezione

Dal Vaticano II a Firenze 2015 il discorso di Alberto Melloni

Era il 12 ottobre 1975 quando don Lanfranco Lumetti, che quel dì compiva cinquant’anni tondi, faceva il suo ingresso a San Faustino di Rubiera. Pessime le condizioni sia del meteo che della chiesa parrocchiale, al punto che pioveva dentro e c’erano dei fedeli con l’ombrello aperto. Il sacerdote prospettò da subito i restauri che avrebbero coinvolto l’edificio sacro nel lustro seguente, ma aveva anche ben presente il Concilio Vaticano II che invece desiderava riformare la Chiesa di pietre vive.
I ricordi sono di Cristian Ruozzi, che alla ricezione del Concilio negli anni 1963-1987 in questo lembo di pianura reggiana dedicò la sua tesi di laurea in Storia della Chiesa all’Università di Bologna nell’anno accademico 1999/2000; relatore era Giuseppe Alberigo, correlatore Alberto Melloni.

Quarant’anni dopo la fine dei restauri, nell’affascinante Pieve dei Santi Faustino e Giovita, Ruozzi richiama Melloni per dare il via al ciclo di iniziative “Luogo fonte, Romanico e contemporaneità”. È il pomeriggio di domenica 10 marzo e si svolge il primo appuntamento di un calendario che proseguirà con due conferenze il 28 aprile (con Mauro Severi) e il 19 maggio (con monsignor Tiziano Ghirelli e Paolo Bedogni) per concludersi il 16 giugno nella celebrazione eucaristica mattutina presieduta dal vescovo emerito di Brescia Luciano Monari.

In apertura il professor Melloni, ordinario di Storia del Cristianesimo all’Università di Modena e Reggio Emilia e segretario della Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII, nonché editorialista e titolare della Cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace, dopo un fugace ricordo di quando in passato accompagnava a San Faustino don Alberto Altana a bordo di una R4 bianca, entra nel tema assegnato dagli organizzatori, che si appunta proprio sulla “ricezione” del Vaticano II fino a oggi.

Per come era avvenuto, sostiene il docente, il Concilio non andava infatti applicato o eseguito, quanto piuttosto, per l’appunto, ricevuto, poiché presenta un tipo di costruzione del discorso che pone continuamente esigenze. E una corretta ricezione avrebbe presupposto una capacità di sedimentazione non facile a trovarsi in una Chiesa “giovane” come quella italiana, da sempre papista e per questo scarsamente consapevole di sé, organizzata in una conferenza episcopale nazionale solo in seguito al Concilio.

Melloni ritorna all’8 dicembre 1965, quando “la più grande assemblea di padri mai adunata sul pianeta” si conclude e si sono mossi dei passi che nessuno – poco meno di sette anni prima, con l’elezione di un papa di transizione come Giovanni XXIII – riteneva possibili. Roncalli aveva compiuto la scelta netta di affidarne la preparazione alla Curia romana, cui interessava eminentemente stilare il catalogo delle condanne.

Leggi tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 20 marzo



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