Monsignor Gianotti ricorda il vescovo Gilberto a 20 anni dalla morte

Baroni e la forza della preghiera

Nella Messa celebrata in Cattedrale il 14 marzo scorso, presieduta dal vescovo Massimo, sono stati ricordati tutti i nostri vescovi defunti e, in modo particolare, monsignor Gilberto Baroni nel 20° anniversario della morte. Pubblichiamo l’omelia tenuta in questa occasione dal vescovo di Crema monsignor Daniele Gianotti.

Non ero in Italia, vent’anni fa, quando morì il vescovo Gilberto; e non potei partecipare al suo funerale.
Dieci anni dopo, la sera del 13 marzo 2009, mi fu chiesto di ricordarne la figura soprattutto come vescovo del concilio Vaticano II: era passato da poche settimane il 50° anniversario del primo annuncio del concilio da parte di san Giovanni XXIII, e sembrò cosa buona ricordare monsignor Baroni come padre conciliare e, soprattutto, come il vescovo che si dedicò con decisione, guidata sempre da grande intelligenza e sapienza spirituale, all’applicazione del concilio nella nostra diocesi, dove era arrivato pochi mesi prima della chiusura del concilio stesso.
Sono passati altri dieci anni, e mi ritrovo qui, da vescovo, in occasione del ventennale della morte di monsignor Baroni. Alla sua figura e alla sua paternità episcopale ho pensato molto il 27 dicembre del 2016, mentre a Roma mi veniva comunicata la nomina episcopale; proprio il 27 dicembre, infatti, ma nel 1954, monsignor Gilberto era stato ordinato vescovo ausiliare di Bologna, per le mani del cardinale Lercaro.

Ringrazio di cuore il vescovo Massimo per avermi invitato a condividere questa eucaristia e a tenere l’omelia; e ringrazio voi tutti che, a distanza di vent’anni, ancora ci tenete a custodire la memoria preziosa di questo vescovo. Le presenze si diradano e i capelli incanutiscono, com’è normale che sia, anche perché il vescovo Gilberto lasciò la guida della nostra Chiesa ormai trent’anni fa. E proprio nella sua omelia di saluto, il 10 settembre 1989, dichiarava: “[Que- sta Chiesa reggiana l’ho amata] con tutto il cuore in questi anni e [la] amerò sempre. Questa Chiesa è la sposa di Cristo, bella, ricca di tanti doni di grazia, feconda nella forza dello Spirito Santo!” (cf. G. Baroni, Omelia alla Celebrazione eucaristica di commiato, Reggio Emilia, 10 settembre 1989).
A questa nostra Chiesa egli raccomandava soprattutto di rimanere unita a Cristo:

La Chiesa vive, fino a quando è strettamente unita a Cristo nella fede e nella carità. Cristo è ben più grande della Chiesa; ma la Chiesa deve rappresentare nel mondo, nella storia, la continua presenza di Lui. Sogno delle comunità cristiane che vivano in obbedienza alle parole del Vangelo; che senza essere perfette – la perfezione non è di questo mondo –, cerchino con sincerità di lasciarsi plasmare dallo Spirito di Cristo, che è spirito di povertà, fraternità, mitezza (Omelia cit.).

Questa unità con Cristo ha una sua radice imprescindibile nella preghiera, che ci è raccomandata in modo così forte dal Signore nel Vangelo che abbiamo ascoltato: quella preghiera che può essere instancabile, insistente, fiduciosa, proprio perché radicata nell’affidamento alla paternità di Dio, rivelata da Cristo; e dunque una preghiera che sa che Dio non farà mancare ai suoi figli ciò che gli chiedono, riversando su di essi lo Spirito di grazia, di consolazione, di pace, di fiducia e coraggio, di cui sempre abbiamo bisogno, come e più del pane quotidiano.

Continua a leggere tutta l’omelia su La Libertà del 20 marzo



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