Le indulgenze: passato e presente

La pratica delle indulgenze nasce in epoche antiche, quando la pratica del sacramento della Penitenza era diversa da quella attuale. Infatti nel primo Medio Evo si affermò una forma di celebrazione del sacramento che prevedeva tre fasi: il peccatore che voleva convertirsi e ottenere il perdono dei peccati andava dal sacerdote e confessava i suoi peccati; il sacerdote gli assegnava una penitenza da compiere, che consisteva in un periodo di digiuno che si prolungava a seconda della gravità dei peccati commessi, a volte anche degli anni; dopo avere compiuto le opere penitenziali prescritte il penitente tornava dal sacerdote e costui lo assolveva dai suoi peccati. Si trattava di una forma penitenziale più severa di quella a cui siamo abituati noi, che aveva però il vantaggio di aiutare il peccatore, soprattutto se si era macchiato di peccati molto gravi, a capire che con il peccato non si scherza e che compiere un cammino di conversione è una cosa seria, impegnativa e faticosa, proprio come guarire da una grave malattia.

Vi era però un problema: se il tempo delle opere penitenziali e l’attesa del perdono si prolungava per dei mesi o degli anni, i penitenti non erano sicuri di giungere alla fine; si temeva di poter morire senza essersi riconciliati con Dio. Da qui nacque l’uso delle indulgenze, cioè di opere penitenziali più intense ma estese per un tempo molto più breve, al termine delle quali la Chiesa riteneva che il peccatore avesse già fatto il cammino necessario per essere assolto. Si trattava spesso di pellegrinaggi a chiese dedicate alla Madonna o contenenti la tomba di un santo, spesso di un martire, allo scopo di attingere ai meriti della Beata Vergine o del santo, per ottenere quella espiazione e quella conversione di cui c’era bisogno.
Insegna infatti la Scrittura che c’è una profonda solidarietà, nel bene come nel male, tra i cristiani, come tra membri di una stessa famiglia, per cui la santità di ciascuno giova alla conversione e alla santificazione di tutti, come il peccato di ciascuno impoverisce il cammino verso Dio di tutti. E si era giustamente convinti che la Chiesa potesse e dovesse amministrare quel patrimonio di santità che è fondato sulla passione di Gesù Cristo e che è stato arricchito da tutti coloro (come la Madonna, i martiri e tutti i santi) che hanno vissuto in profonda comunione con lui.

Continua a leggere il testo integrale dell’articolo di don Edoardo Ruina su La Libertà del 6 marzo

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