È stato un vero e proprio pellegrinaggio, quello che la diocesi di Bologna, guidata dall’arcivescovo Matteo Zuppi e con l’organizzazione della Petroniana Viaggi ha compiuto ieri sui luoghi don Camillo e Peppone, i celebri personaggi di Giovanni Guareschi incarnati in modo mirabile sullo schermo da Fernandel e Gino Cervi: Roncole e Busseto, luoghi di vita di Guareschi, e Brescello, dove vennero ambientati i film.
Pellegrinaggio e non semplice viaggio perché, ha ricordato don Massimo Vacchetti, direttore dell’Ufficio per la Pastorale dello sport, turismo e tempo libero, <don Camillo è stato in un certo senso “santificato” da papa Francesco, quando nel 2015 lo indicò come esempio di sacerdote che prega ed è vicino al suo popolo>.
E il momento più vivace della giornata è stato il dibattito, nel teatro di Busseto, tra il <don Camillo> e il <Peppone> rappresentati dall’arcivescovo Zuppi e da Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera ed ex segretario di Rifondazione Comunista. A moderare l’incontro, il giornalista Massimo Bernardini, che ha messo in rilievo come <ai tempi di Guareschi, un incontro come questo sarebbe stato improponibile, perché considerato scandaloso>.
Bertinotti però ha obiettato che <Don Camillo e Peppone non rappresentano solo due mondi politici separati e in competizione, in duro scontro tra di loro, ma anche due Chiese: ed è questo che li rende universali. Queste due Chiesa infatti, quella cattolica e quella comunista, sono entrambe immerse nel popolo, ognuna ritiene di perseguire il bene comune, è questo che li rende contemporaneamente avversari e fratelli. Veniva così bandita la categoria di “nemico”, che oggi invece sembra la base di ogni dialettica. Dietro a ogni scontro, allora si riconosceva la persona e si rispettava la fede che lo guidava>. <Per questo ha concluso – non demonizzo, anzi ho nostalgia di quel periodo>.
<Don Camillo è un prete, ma non è clericale – ha spiegato da parte sua monsignor Zuppi –. È un uomo vero, e per questo può dialogare con tutti, anche con gli avversari. E sa riconoscere coloro, come Peppone, che cercano sinceramente il bene comune, anche se in modi che lui non condivide. E questo è ciò che sempre cerca la Chiesa: persone che attraverso la politica promuovano il bene comune, e non il loro interesse personale. Una politica di valori, che cerca di rispondere alle vere esigenze e domande della gente>. <Negli anni ’50 questo non era facile – ha proseguito monsignor Zuppi – perché lo scontro allora era davvero cruento: abbiamo ricordato recentemente i 70 anni dall’uccisione di Giuseppe Fanin, ordinata dal partito comunista. Di qui la grandezza di due personaggi che come Don Camillo e Peppone riescono invece ad attuare un confronto “alto”, di valori>.
L’arcivescovo di Bologna ha anche sottolineato due elementi: il rapporto con Dio di entrambi i personaggi e quella che il cardinale Biffi (grande ammiratore di Guareschi come il suo successore Caffarra) definiva <la teologia di Peppone>.
<Il dialogo col crocifisso – ha ricordato – è l’essenza stessa della vita di don Camillo, e lo porta ad una larghezza di vedute che la contrapposizione tenderebbe a far perdere. Peppone invece si rivolge a Dio in modo molto concreto ed immediato, ed entrambi giungono a un comportamento che è sostanzialmente cristiano: un’unica “fede”, pur con diverse espressioni, guida la loro vita>.
Chiara Unguendoli