In Italia stiamo assistendo negli ultimi anni ad un calo costante e continuo delle nascite; l’Istat, l’Istituto Nazionale di Statistica, afferma che non è più contingenza legata alla crisi ma ormai sono dati strutturali.
Nel 2017 sono stati iscritti all’anagrafe per nascita 458.151 bambini; l’anno precedente erano stati più di 473mila. Numeri che confermano come il calo delle nascite, iniziato nel 2008, abbia ormai assunto caratteristiche stabili.
I primi figli, ad esempio, che nel 2017 risultavano essere 214.267, sono diminuiti del 25% rispetto al 2008. Nello stesso arco temporale i figli di ordine successivo al primo si sono ridotti del 17%.
Nell’ultimo decennio complessivamente il calo di nascite è stato di 120.000 bambini, di cui quasi la metà nelle regioni settentrionali, con il Nord Ovest in flessione del 20,2% e il Nord Est del 20,5%.
Culle vuote e popolazione che invecchia anche nella nostra città di Reggio Emilia; siamo purtroppo in linea con la tendenza nazionale, dal 2016 al 2017 la diminuzione è stata del 7,4%: da 4.131 nuovi nati nel 2016 si è passati a 3.823 nel 2017, il dato più basso di sempre. Rispetto a cinque anni fa, la natalità si è ridotta di un quarto.
Si tratta di una diminuzione della popolazione dovuta anche all’età sempre più avanzata delle donne alla nascita del primo figlio e all’abbassamento del tasso di natalità. Inoltre si stima che il 22% delle attuali donne quarantenni, alla fine del ciclo di vita riproduttiva, potrebbe rimanere senza figli.
Per cambiare la situazione attuale sarebbero necessarie politiche in grado di aiutare le famiglie a realizzare i propri obiettivi di vita.
Sono dati che avranno ben presto delle ricadute concrete nella società, sulla scuola, ad esempio.
I servizi scolastici incominceranno a risentire del calo del numero di nati, con conseguenti contraccolpi graduali sul numero delle sezioni di scuola dell’infanzia e delle classi di scuola primaria.
Si calcola che nel 2022 ci saranno in Italia 4.000 classi in meno di prima elementare rispetto a oggi, e l’ipotesi più accreditata potrebbe essere, se la tendenza non cambia a breve, nel giro di pochi anni la chiusura di alcuni plessi scolastici per mancanza di alunni.
Leggi tutto l’articolo di Silvia Bosio su La Libertà del 13 febbraio