Presente inquieto, futuro giovane

Applaudito scambio tra Romano Prodi e Stefano Zamagni

Sollecitati dalle questioni poste nel libro “Oltre la paura. Lettere sul nostro presente inquieto” (Lindau) del vescovo Massimo Camisasca e del giornalista Mattia Ferraresi, Romano Prodi e Stefano Zamagni si sono confrontati la sera di martedì 22 gennaio nell’Aula magna dell’Università di Reggio Emilia. Centinaia i presenti, tra i quali il vescovo emerito Adriano Caprioli, i sindaci di Reggio Emilia e di Scandiano e altri rappresentanti del mondo dell’economia, della cultura e del laicato cattolico organizzato.

L’incontro si è aperto con un momento di preghiera, guidato dal Vescovo, in memoria delle vittime dei naufragi. Proprio la globalizzazione dell’indifferenza è uno dei segnali di regressione dell’umano più evidenti oggi; nel dibattito fra il presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli, già due volte premier, e l’accademico considerato tra i padri dell’economia civile si è parlato anche di mentalità contraccettiva e inverno demografico, di fragilità educativa e dello snaturamento “performante” della filiera scolastica che, dall’America alla Cina, è sempre più ossessionata dai test selettivi.
Lo sforzo dei relatori, in linea con l’invito del libro di Camisasca e Ferraresi, è stato però soprattutto, in questo tempo smarrito in cui una diffusa paura imbriglia le società occidentali, quello di cogliere e connettere fra loro luci e fattori di speranza.

Prodi ha messo in evidenza il desiderio di autorità che si fa strada ovunque nel mondo, con lo svuotamento dei corpi intermedi e l’autoreferenzialità dei partiti, ma anche le contraddizioni di un sistema politico che comunica via “social” ancor prima di avere elaborato un pensiero. Ha quindi insistito sull’importanza di ricostruire luoghi di dialogo personale e, per la scuola, di sapere tenere in equilibrio la capacità di innovazione, orientata all’evoluzione del mercato del lavoro, con la giustizia sociale – quindi l’accesso allo studio di tutti – evitando gli eccessi della competizione. Sullo sfondo del discorso di Prodi, più volte, sono tornati lo strapotere delle multinazionali dell’economia digitale, da Amazon a Google, e la velocità del progresso tecnologico come causa di sperequazione fra pochi mestieri specializzati e ben retribuiti da una parte e una massa di occupazioni malpagate dall’altra.

Continua a leggere tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 30 gennaio

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