Don Carlo Pagliari informa sugli orientamenti del Gruppo di Lavoro
“Siete tutti ladri, ragazzi miei!”, recita così il ritornello di una tenera, quanto simpatica canzone salesiana (“Il giullare dei campi”), che racconta la vita del grande don Bosco. Non è però un rimprovero, ma un commosso moto dell’animo di padre. Già, perché l’oggetto del furto è il suo cuore: quei suoi ragazzi gli hanno rubato il cuore e d’ora in avanti, afferma, “ogni mio respiro sarà per voi”.
Non vorrei semplificare troppo, ma credo davvero che le parole di questa canzone esprimano al meglio il segreto e l’identità dell’Oratorio, che non è solo una struttura, o un generico luogo, o un banale cortile; ma nemmeno una riduttiva animazione, o qualche gioco; non è solo un programma di attività, come doposcuola o corsi di teatro o di musica; nemmeno solo i gruppi di ragazzi che si trovano coi loro educatori la domenica sera per il famoso “incontro”. O meglio, è tutto questo, ma è anche molto di più.
L’Oratorio è innanzitutto una modalità di guardare al destino dei ragazzi, uno stile educativo che guarda la persona in modo integrale. è il desiderio di una comunità adulta che si fa educante e decide di attivare tutto ciò che serve per accompagnare passo passo la vita delle giovani generazioni, facendosi casa per loro. L’Oratorio (inteso dunque come stile educativo) è il meglio del cuore di una Chiesa che, nella sua storia secolare di santità, si è data questa modalità di prendersi cura dei giovani.
Ovvero, si respira Oratorio quando tutte le proposte che una comunità adulta fa per i più piccoli (catechismo, percorsi per adolescenti e giovani, società sportive, doposcuola, teatro, musica, servizio ai poveri, redazioni di giornalini e social, animazione e gioco libero, esperienze di avviamento professionale, collaborazioni con le scuole…) brillano di questa forza ed energia, che può essere espressa solo da una comunità tutta intera: una sinergia di adulti che, in diversi modi, attivano tutto ciò che serve per far vivere il Vangelo a 360°, perché i ragazzi si sentano protagonisti coi loro talenti e crescano in una fede tradotta in un modo concreto di stare al mondo.
In questi giorni di festosa memoria di san Giovanni Bosco, vorrei partire da qui, da questo cuore che non riesce a non cedere alla bellezza (faticosa ma struggente e carica di futuro) che emana il destino potenzialmente ricco di una giovane anima, sebbene all’apparenza a volte sembri non essere così affascinante. Ma è proprio questa la follia formidabile che nutre dal profondo lo stile oratoriale: credere che in ogni cuore ci sia un punto di accesso al bene, che Dio conosce. Fare Oratorio vuol dire amare con questo stesso sguardo folle di Dio, che ama nonostante tutto e ostinatamente. è la capacità vocazionale di saper vedere quell’invisibile, che come un mistero affiora dalla vita di ogni ragazzo. è voglia di “stare-con-loro”, di rendere le comunità una casa accogliente, dove vivere la vita buona che viene dal Vangelo.
Leggi il testo integrale dell’articolo di don Carlo Pagliari su La Libertà del 30 gennaio